Del Noce è fondamentale per capire... tutto. Per questo la cultura italiana lo nasconde

Celebrazioni poche. Indicativo che i primi a fraintendere (volutamente) il grande pensatore siano i cattolici. Che ormai scivolano nell'irrilevanza

Del Noce è fondamentale per capire... tutto. Per questo la cultura italiana lo nasconde

Per mettere a fuoco il buco nero nel quale è sprofondata la cultura cattolica italiana, il trentennale della scomparsa del filosofo Augusto Del Noce (avvenuta il 30 dicembre 1989) è una perfetta istantanea. Un pensatore della grandezza di Del Noce, in ordine di tempo ultimo prodotto della scuola cattolica novecentesca, da Augusto Guazzo a Gustavo Bontadini, da Michele Federico Sciacca a Enrico Castelli, è uscito dal dibattito culturale. In pochi lo hanno ricordato. E i commenti più significativi sono arrivati da studiosi come Marcello Veneziani e Alessandra Tarquini, lontani dall'universo culturale cattolico. Perché questo importante anniversario è passato nel silenzio generalizzato? La riposta è semplice: la cultura cattolica ha dimenticato Del Noce perché ha imboccato con ostinazione la strada di un progressismo in vita combattuto senza riserve da Del Noce sempre più accentuato, inspiegabilmente arrendevole alle idolatrie della contemporaneità. Ricordare che Del Noce è stato un sostenitore del pontificato di Giovanni Paolo II oggi crea imbarazzi. E crea ancora più imbarazzi ricordare che da subito si schierò a favore di Joseph Ratzinger, «custode della fede», ad esempio nel richiamo all'ordine della «teologia della liberazione».

Del Noce interpretò, alla luce di una solida filosofia sorretta da un'altrettanta solida teologia, il pensiero dominante del Novecento, rappresentato dal fascismo e dal comunismo. Diagnosticò, nello scetticismo generale, il «suicido della rivoluzione» comunista, quando ne veniva celebrato un futuro radioso. Disegnò una articolata «interpretazione transpolitica» del fascismo, ancor oggi solidissima. Demistificò imbrogli lessicali dietro i quali si nascondevano ideologie in stato di avanzata bancarotta, quali l'«eurocomunismo» e il «catto-comunismo». Fornì una chiara disamina del Sessantotto, legandolo alla sua analisi del «surrealismo» (formulata nel 1965): movimento ludico di destrutturazione della morale cattolica attraverso la potenza dirompente della sessualità, come aveva provato a fare l'avanguardia surrealista all'inizio del XX secolo, elevando il Marchese de Sade a classico del pensiero. Infine, estese il suo sguardo filosofico all'intera storia novecentesca, suddividendola in due momenti l'epoca sacrale segnata dai regimi totalitari e l'epoca profana dominata dalla società opulenta e dallo strapotere della tecnica filtrati dalla grande questione della «secolarizzazione». Mentre i suoi studi sul fascismo e sul comunismo furono estesi e a lungo meditati, quelli sull'epoca profana non lo furono, per mancanza di tempo. Del Noce però ci ha lasciato un testamento, programmaticamente lucido. Poco prima di morire, il 22 dicembre 1989, consegnò a Marcello Veneziani l'introduzione per il suo saggio Processo all'Occidente. Nello scritto esprime chiari dubbi sull'entusiasmo per la vittoria della società liberale neoborghese (il crollo del comunismo non lo vide sino in fondo, ma era chiaro che sarebbe caduto di schianto). La società rischia di perdere ogni retaggio religioso a causa del diffondersi dell'ateismo radicale, del materialismo, dell'internazionalismo (si sarebbe chiamato successivamente globalizzazione), dal dominio della produzione. Tutto ciò stava erodendo la sacralità religiosa e nazionale. Anche stavolta, il filosofo della Tradizione indicava la strada maestra.

Del Noce, analizzando la modernità e il problema dell'ateismo (un problema per l'Occidente, non un destino) non invocava un ritorno «antimoderno», come l'italiano Cornelio Fabro e il francese Jacques Maritain. Alle disastrose conseguenze della disumanizzazione ateistica, che conduce al nichilismo post-umano, Del Noce opponeva un umanesimo trascendentale. La cultura cattolica non lo ha seguito, preferendo invece, in una sorta di rinnovato modernismo, appiattirsi sulla contemporaneità. Il risultato è la desertificazione.

La cultura cattolica che ha mollato gli ormeggi, mandando alla deriva la Tradizione, non ha più nulla da dire. Del Noce è sempre stato in minoranza. Ma come diceva Jean Cocteau, le minoranze di oggi saranno le maggioranze di domani.

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