Piangono tutti, ma siamo già al dopo Muti

Fra tagli e artisti "girondini" sul piede di sciopero, spuntano i sostituti. Mentre lui è richiesto da Vienna a Napoli

Piangono tutti, ma siamo già al dopo Muti

È la notizia che in questi giorni scuote il mondo musicale, e non solo quello italiano. Riccardo Muti ha piantato in asso l'Opera di Roma dove era direttore onorario a vita e avrebbe dovuto condurre due opere, Aida e Le nozze di Figaro . Il dispiacere e il rammarico è unanime fra musicisti, politici, sindacati, dirigenti: in testa il sovrintendente (dal dicembre 2013) Carlo Fuortes. Sono tutti uniti nel rimpiangere il direttore che se ne va poiché - ha spiegato il Maestro - manca la serenità per lavorare. Si piange coralmente, ed è giusto. Ma allora, perché Muti è stato messo nelle condizioni di andarsene? Su questo domina la vaghezza, nessuno si espone. Dunque, si interpreta. E giustamente dall'America dove, a Chicago, Muti lavora secondo parametri anglosassoni (chiarezza, trasparenza, regole) ci si chiede: se Roma vuole Muti, ma Roma minaccia le produzioni di Muti con gli scioperi che tipo di amore è? Chi vorrebbe mai restare, in queste condizioni? Lo si vuole per la vita e poi lo si tratta come uno qualsiasi (leggasi i commenti vari sul New York Times ).

Dopo il gran rifiuto di Muti, ora si corre ai ripari. Ed ecco il toto-direttori. Chi gli subentrerà? Per una delle due produzioni che il Maestro avrebbe dovuto dirigere è stato fatto il nome di Daniele Rustioni, trentenne neoassunto al «Petruzzelli» di Bari cioè il teatro dove è stato commissario straordinario proprio Fuortes. Spunta insomma il nome di un direttore che porta in dono la malleabilità della gioventù. Proprio la docilità cara a chi in buca d'orchestra non ama spendere tempi supplementari per raffinare il prodotto. Si dice che questa docilità riesca poi preziosa a chi nella stanza dei bottoni deve risanare un teatro indebitato quale è l'Opera di Roma. In breve, un direttore da «tripla A» sarebbe ingombrante, in questa fase di tagli. Per dire: le tournée all'estero sono progetti troppi ambiziosi, meglio non volare troppo alto e attenersi alla spending review. Oltre a quello di Rustioni, si fanno i nomi di altri direttori sotto i 40 anni. E, data la passione nazionale per le illazioni, si ipotizza la candidatura di Tony Pappano (attenzione: è da «tripla A», stessi problemi mulinai, dunque).

Si parla di tentativi di ricucire lo strappo con Muti. Bene: ma che piani alternativi si propongono? Nessuno. Le alternative, per la verità, stanno fioccando da altrove. Si parte da Napoli, città del direttore, dove proprio ieri Nicola Luisotti, ha dato le dimissioni dal «San Carlo». E ancora, da Vienna, Dominique Meyer, dal 2010 Direttore dell'Opera di Stato, invita Muti a «venire quando vuole, lo aspettiamo a braccia aperte. Sarei felicissimo se tornasse. Le ultime volte di Muti all'Opera di Vienna sono state con Mozart: Le nozze di Figaro a dicembre 2005, pochi mesi dopo le dimissioni dalla Scala». Nel frattempo il ministro Dario Franceschini dice di «capire le ragioni di Muti.

La sua è una reazione che spero serva a capire che bisogna gestire le cose in un modo moderno e che la tutela dei diritti sindacali, sacrosanta, non può diventare un ostacolo alla modernizzazione per la crescita, per la competizione globale, perché la competizione c'è anche in questi campi». Indice puntato su artisti girondini sul piede di sciopero, e che sicuramente sono un elemento scatenante della faccenda, dove probabilmente ad avere un peso determinante è però la spending review.

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