Tutto, alla fine, dipende dalla qualità.L’altro giorno Ray Waddell di Billboard ha rivelato che, dopo un anno e rotti di magra, gli incassi dei concerti americani sono di nuovo in crescita. Certo, lui dice che i prezzi dei biglietti sono scesi e quindi gli acquirenti sono aumentati. E i dati rivelati da Pollstar , la bibbia del settore, lo confermano: il tour de Le Cirque du Soleil dedicato a Michael Jackson ha incassato 78,5 milioni di dollari. E Roger Waters con il suo meraviglioso The Wall ha superato i 61 milioni di incasso con quasi seicentomila biglietti. Un trionfo, siamo chiari.
In poche parole, mentre un terzo del mercato mondiale discografico è ormai preda della musica online e le vendite di repertorio superano le novità (un greatest hits dei Guns N’Roses vende più dell’ultimo disco di 50Cent), i concerti riprendono fiato dopo il tracollo del 2010 che aveva scatenato il de profundis della musica dal vivo.
In realtà, per ora, è soltanto la conferma che a fare davvero la differenza sono i nomi in gioco. Più grandi e consolidati sono, più cresce l’incasso.Per i debuttanti il gioco si fa duro. Durissimo. Forseaincideresullacifracomplessiva è anche ilsempre più sofferto rilievo dei grandi rapper che, da Eminem in giù, dal vivo non sono mai stati molto produttivi. O forse a fare la differenza è il detto inglese «let the music do the talking», lasciate che sia la musica a tener banco. Il pubblico si aspetta la sorpresa. L’improvvisazione. Compra il biglietto se non sa esattamente che cosa aspettarsi. Forse per questo il tour kolossal di Madonna è inferiore alle attese: vista (dal vivo o su YouTube) la prima data a Tel Aviv, che cosa ci si può aspettare d’altro?Difficile credere che il pubblico spenda tanti soldi semplicemente sperando in una battuta contro la Le-Pen o in un seno estratto a bruciapelo dal reggipetto. La differenza è nell’imprevisto. O nella qualità. Forse per questo Bruce Springsteen, partito sofferente a Siviglia, ha totalizzato un tour europeo da record per biglietti venduti, qualità e lunghezza dei concerti. «La scintilla è stata San Siro- conferma Claudio Trotta, fondatore e titolare di Barley Arts da sempre promoter del Boss-. Va bene che i nostri biglietti costavano meno che in quasi tutta Europa ma a Milano ha tenuto quello che era il secondo concerto più lungo della carriera. E da allora non ha fatto che aumentare la durata dello show e arricchire di chicche le sue scalette ».
Qualcosa vorrà pur dire. Non per nulla, l’altra sera all’Olympic Stadium di Helsinki, Springsteen ha cantato per quatto ore e sei minuti una sequenza di 33 canzoni più 5 brani acustici interpretati prima del concerto. Forse senza neppure immaginarlo, Springsteen è diventato il nuovo metronomo del mercato: più qualità innanzitutto. Oppure biglietti meno costosi. Roberto De Luca, presidente di Live Nation, conferma che «anche se la musica dal vivo sta crescendo, stiamo riflettendo su come calmierare i biglietti in modo che non sologli artisti superbig possano esibirsi in arene tutte esaurite ». E se Trotta definisce «fasulla» la scelta di Celentano divendereauneurounagranquantità di biglietti dei suoi concerti all’ArenadiVerona( «Un’operazione che mette in difficoltà chi non può godere delle sue risorse»), rimane evidente la contrazione del prezzo dei biglietti. Soprattutto nei settori della platea più penalizzati, tipo il terzo anello di San Siro. Dopotutto Trotta, che ha un’esperienza trentennale e che da sempre porta in Italia gente come Ac/ Dc o Kiss o Springsteen, conferma che «se gli artisti sono hot, ossia molto attesi, il prezzo del biglietto non fa molta differenza. Altrimenti è assai importante ». Per farla breve, gli artisti «hot» nel mondo si contano sulle dita di due mani, forse tre. Gli altri si devono arrangiare. E allora benvenuto in Italia a chi, come Caparezza o Afterhours, non impone prezzi superiori ai venti euro, soprattutto dopo l’altalena di rinvii e spostamenti che ha coinvolto Litfiba e Negrita, obbligati a cambiare location o a esibirsi di fronte a un pubblico esiguo costrettoperòasborsarelabellezza di trenta euro.
In fondo è un ritorno al passato. Se ci sono eventi benefici, la prevendita è esaltante come nel caso di «Italia loves Emilia»pro terremotati a Campovolo il 22 settembre: già sessantamilabigliettivenduti.
Altrimenti il pubblico è più cauto. Paga per l’artista del cuore. Altrimenti ciao. E, se a farsi dire ciao sono specialmente i nuovi arrivati, qualcosa vorrà pur dire. Purtroppo.
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