Quanti applausi se Lavia rilegge Prevert

Con il titolo I ragazzi che si amano, una delle liriche di Prevert, Gabriele Lavia ha aggiunto una perla alla sua collezione di rarità. È una rielaborazione di Prevert intessuta di rispetto e malinconia sulle note di Kosma che Lavia esuma col sereno rimpianto di un ricordo perduto, giungendo con la sua superba voce alla decantazione di un universo poetico che col suo timbro acceso di romantico languore ci illumina come se fosse una musica. Così riviviamo le visioni tra profetiche e allucinanti dei capolavori cinematografici del passato, primo fra tutti quegli Enfants du Paradis che Prévert scrisse per Marcel Carné, il grande regista col quale formò una copia d'arte destinata a durare nel tempo, che cantava il rimpianto per una Parigi che non esiste più. Coi suoi funamboli, attori e cantanti che richiamano in vita i fantasmi di un'età perduta, Lavia che conosce tutto questo lo rianima miracolosamente in un sospiro d'amore. Ci mostra tra un saliscendi vocale e l'altro la pagina finale di un dissidio tra amanti ritmato da un cucchiaio che fende con ritmo alterno una tazza di tè, o si inerpica nei meandri di quello che fino a ieri era un ritornello di Juliette Gréco per restituirci l'incanto del primo amore.

E raggiunge l'acme del mondo perduto della nostalgia inseguendo con la sua inarrivabile voce un ritmo che rappresenta una pagina miliare della nostra nostalgia amorosa, che ha il titolo delle Foglie morte. Applausi scroscianti.

I RAGAZZI CHE SI AMANO - Firenze, Teatro della Pergola.

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