Alla riscoperta del pensiero cattolico di Chesterton

Rino Cammilleri

I sogno di ogni scrittore di romanzi è inventare un personaggio la cui figura riscuota immediatamente un grande successo, e poi campare di rendita. Gilbert K. Chesterton ideò il suo Padre Brown per rispondere a uno di questi personaggi immortali, Sherlock Holmes, l'azzimato investigatore londinese tutto nervi e cervello. Padre Brown, prete cattolico appositamente privo di appeal, risolveva i suoi casi non col freddo scientismo ma con la logica tomistica. Non sapeva Chesterton che in tal modo avrebbe aggiunto un altro personaggio immortale alla galleria dei già esistenti e di quelli che sarebbero seguiti. Ancora oggi, sul Paramount Channel televisivo, i telefilm ispirati al celebre prete-investigatore campeggiano a tre alla volta settimanalmente. E dire che per Chesterton le gesta del suo parroco-detective rappresentavano un'attività minore. Infatti, per sua stessa ammissione, vi poneva mano quando aveva bisogno di soldi. E in effetti, per i suoi estimatori l'opera di Chesterton è ben altra. Gilbert K. Chesterton ebbe già in vita il riconoscimento e la stima di personaggi come Étienne Gilson (che lo definì «uno dei più profondi pensatori che sia mai esistito»), Marshall McLuhan, Hannah Arendt. Ma anche di scrittori con i quali aveva incrociato il fioretto, come George B. Shaw e Herbert G. Wells. E ciò è tanto più strano, se ci si pensa, quanto più Chesterton era un cattolico a 360 gradi. Di più: un apologeta a tempo pieno. Così disse, dopo la sua morte, Mircea Eliade: ormai «le eresie moderne potranno diffondersi liberamente».

Tanto scrisse Chesterton sul cattolicesimo ortodosso, quello roccioso dei secoli cristianissimi, che oggi esiste un comitato appositamente costituitosi per chiederne la beatificazione: se la ottenesse, sarebbe la prima canonizzazione per meriti letterari. La più completa guida al Chesterton-pensiero è appena uscita per le edizioni Ares, Chesterton, la sostanza della fede, di Paolo Gulisano e Daniele De Rosa. Gulisano, esperto di cose anglosassoni, è stato autore nel 2002 della prima monografia su Chesterton, ma è noto soprattutto come uno dei massimi conoscitori italiani dell'opera di J. R. R. Tolkien. De Rosa, invece, fin qui si è occupato soprattutto di san Francesco di Paola.

Introdotto da Marco Sermarini, presidente della Società Chestertoniana Italiana, il libro riattualizza il più brillante giornalista dell'Inghilterra del secolo scorso, lo scrittore poliedrico che spaziava dai gialli ai saggi, dalla politica alla filosofia.

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