Diciamolo subito, si è trattato di un flop senza precedenti nei cinema americani; ma è un buon film e va reso merito a Deep di averlo fortemente voluto, prima in veste di coproduttore e poi di protagonista. Un’opera che segna anche il ritorno alla regia, a vent’anni da “Gli occhi del delitto”, di Bruce Robinson.
Anni Sessanta. Paul Kemp (Jhonny Deep)è un giornalista freelance, oltre che scrittore fallito, che ha appena abbandonato New York per andar a lavorare ad un giornale locale di Porto Rico. Qui, tra un caporedattore cinico e un amico fotografo fuori di testa, entrerà nelle grazie di un ricchissimo speculatore edilizio e della di lui bellissima quanto spregiudicata fidanzata.
Tra guai con la giustizia, problemi di lavoro, l’accenno di un amore e un fiume di alcool condito da qualche allucinogeno, si è trascinati da Kemp e compari in una sequela di scene cult e dallo spasso surreale. Il tutto si gioca a cavallo tra situazioni ora drammatiche ora imbarazzanti e la dicotomia tra ricchezza e povertà è resa attraverso un’ottima fotografia. Il ritmo è un po’ lento ma l’ironia diffusa e il fascino del protagonista salvano dal torpore.
Deep torna a fare il bello e dannato d’annata, stavolta caratterizzato da un mix di idealismo e ingenuità che lo rende simpatico. Ma soprattutto è attorniato da comprimari splendidi.
La nota stonata è il finale, messo lì in maniera sbrigativa e forzata, relegato com’è a fare da anticamera ai titoli di coda con due frasette risolutive scritte su schermo e tanto di tramonto sul mare.
Per non restare delusi bisogna sapere che il film più che godibile per la storia raccontata, lo è per il susseguirsi di scene che non sono quasi mai fondamentali eppure decisamente ben realizzate e, a volte, memorabili. Due ore di bevute dissolute, bellissimi panorami e buona recitazione.
Un film drammatico in cui si ride e con spunti di riflessione ora seri, ora grotteschi.Gli americani non hanno perdonato al pirata Jack Sparrow di aver accantonato certe mossette; del resto ognuno ha il pubblico che ha pasciuto. Chissà se nelle nostre sale andrà meglio.
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