«Spielberg imbroglione, Clint cretino» Il professor Godard a ruota libera

Jean-Luc Godard, classe 1930, è uno dei veri, grandi protagonisti della storia del cinema: icona vivente della Nouvelle Vague, è stato critico, sceneggiatore, produttore e soprattutto regista di molti film, dal successo di Fino all'ultimo respiro (1959) allo scandalo di Je vous salue, Marie (1984) fino ai recenti Tribute a Eric Rohmer (2008) e Film Socialisme, (2010). A partire dalla collaborazione militante con i mitici Cahiers du Cinema, Godard non ha mai smesso di innovare, sperimentare e, anche, irritare, tanto sia dietro alla macchina da presa che davanti alla macchina per scrivere. Venerato maestro già allora, nel 1978 il regista francese venne invitato dal Conservatorio d'arte cinematografica di Montréal a tenere una serie di lezioni sul cinema che dovevano costituire la sceneggiatura di una serie di film intitolata Introduzione a una vera storia del cinema e della televisione. Sfortunatamente, il progetto risultò troppo costoso per essere realizzato, ma di quella esperienza restarono dieci ore di conversazione con gli studenti canadesi edite da PGreco Edizioni con il titolo Introduzione alla vera storia del cinema (pagg. 338, euro 24).
Il libro è una vera propria miniera sia per gli addetti ai lavori che per i semplici appassionati: ricco di notizie, suggerimenti, indiscrezioni autobiografiche e giudizi tranchant su registi sopravvalutati, attori vanitosi e case di produzione sempre e soltanto interessate più ai quattrini che alla realizzazione di opere d'arte. Il tono generale, però, non è affatto lamentoso, anzi: Godard rivendica con orgoglio la sconfinata libertà di cui ha goduto e che ha caratterizzato tutta la sua carriera. Nato in una famiglia di collaborazionisti compromessi col regime di Vichy, Godard ha intrapreso giovanissimo un percorso di assoluta indipendenza, refrattario a ogni conformismo e indifferente alle mode.
Allergico ai copioni, Godard di solito si limita a buttare giù poche righe di sceneggiatura, per lavorare pazientemente come un artigiano, o meglio, uno «che sa vedere le cose» in molto diverso da quelli che chiama i «professionisti del cinema», una casta, addirittura «una mafia» che Hollywood ha imposto in tutto il mondo «per ottenere anche il dominio culturale del mondo, dopo aver conquistato quello economico; i veri film di mostri sono quelli che non fanno paura, ma che poi dopo ci rendono mostruosi: il vero film di mostri è Grease, è La febbre del sabato sera». I rimproveri più aspri sono per Spielberg, «un imbroglione che pretende di essere colto» e Truffaut, che «è diventato tutto ciò che detestava».
Le critiche più spietate, Godard le riserva agli attori: Marilyn Monroe? Una persona molto marginale, e assai più infelice di un africano che ha poco da mangiare. Clint Eastwood? Fa dei film schifosi, ma, del resto, è un cretino integrale.

E, a proposito della moda pacifista che contagiò Hollywood ai tempi del Vietnam, il regista non esita ad affermare che John Wayne è stato molto più coraggioso di Jane Fonda, perché nei Berretti verdi ha mostrato la guerra per quello che è.
Siamo dunque senza speranza? No, ma «dobbiamo tornare a imparare a guardare, proprio come i bambini che nascono e i vecchi che muoiono: non parlano, ma vedono immagini».

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