Come le cartelle di Equitalia. Anzi peggiori. Puntuali, micidiali, malefiche, a scadenza, arrivano i commenti sulla banalità di Sanremo, nel senso di festival, sulla sua inutilità, sullo specchio becero del Paese che forse è lui medesimo lo specchio della rassegna canora italiana (si può ancora scrivere e dire?). Onanisti del pensiero, della parola e della scrittura, è sufficiente leggere pareri e opinioni di questi primi giorni festivalieri: uffa! Che noia, che barba, che volgarità. E parte la batteria, come un fuoco di artificio, in verità artificiale, degli illustri pensatori, distaccati da tutto, a volte da se stessi.«Il Festival ci dice con chiarezza quello che non abbiamo più il coraggio di dirci: siamo un Paese votato alla medietà, termine più elegante per non scrivere mediocrità» (Aldo Grasso per il Corriere della Sera).
Dunque anche i lettori dei quotidiani, anche se escludo qualsiasi riferimento alla propria, o altrui, testata giornalistica. Proseguo: c'è chi addirittura, ai tempi dell'adolescenza, guardava «Sanremo in tv con l'amore che Raskolnikov riserva alla sua padrona di casa in Delitto e castigo» (segnalo che l'evento non accadeva a San Pietroburgo ma nella Bari da capagira). L'autore di questo ricordo d'infanzia è lo scrittore Nicola Lagioia, il quale, tuttavia, non aggiunge che il suddetto Raskolnikov, pluriomicida, della padrona e della di lei sorella, fu costretto poi a costituirsi. Non si hanno notizie di angoscia, pentimento e gabbio del Lagioia ma posso aggiungere che, per anni tre, è stato tra i selezionatori del festival, ma quello di Venezia, un'allegria unica. Posso immaginarli, tutti, molto, ma molto concentrati davanti a: Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza (Leone d'Oro 2014), invece di stare lì, come dei cucù, a riflettere sull'esistenza di Carlo Conti (contratto d'argento 2015-2016).
Dunque, Sanremo appare e riappare, mai va a scomparire, mai potrà soddisfare le menti libere, le quali sono, momentaneamente, impegnate altrove, dove la vita è una cosa molto più seria delle canzonette. I numeri di ascolto televisivo sono esagerati, fastidiosi, il popolo è bue o pecora, quello italiano una mandria o un gregge. Eppure basterebbe controllare i dati di ascolto televisivi di Paesi molto più reattivi, acculturati, sensibili del nostro, dalla Francia alla Svezia, dall'Inghilterra alla Spagna, per scoprire che, anche in queste terre di saggezza, non certo mediocri, gli spettacoli più televisti sono, nell'ordine: partite di football, film, spettacoli musicali, telefilm. Un mondo di provinciali, dunque, tutta roba che avvilisce e svilisce l'intelligenza superiore che, grazie al festival sanremese, si accende, si illumina di immenso e considera idiota il resto della comitiva. Un gruppetto elitario che, al cinematografo, sceglie una pellicola afgana; al tavolo di un ristorante, meglio un'osteria, opta per il piatto povero, però di tendenza, forse costoso; evita i club ma frequenta i circoli, disprezza la tv ma ne scrive, dunque incassa, per contratto. Gente fatta così, così altra, così intelligente.
Senza nobiltà di titolo, Dio li scansi da marchesi, duchi e Conti, ma nobili di animo e di intelletto, SNOB dunque, perfetti al punto che preferiscono stare in piedi in prima classe, piuttosto che seduti in seconda. Si replica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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