Un «buco nella storia». Per ricorrere a un termine sportivo, un «time out» per compiere la più attesa delle sostituzioni: quella tra follia e ragione. Infine, un limbo alle porte dell'inferno, dove per quest'ultimo si intende la Seconda guerra mondiale. Le Olimpiadi del 1936 restano, a tutt'oggi, uno dei più significativi, imponenti e riusciti eventi sportivi della storia. Non solo sportivi, in verità: per come seppero produrre paradossi, rivincite, splendori tali da offuscare la tragica banalità di ciò che, quotidianamente, si andava producendo, e cioè l'ascesa di una nazione - la Germania - ipnotizzata dal culto della potenza nazista, e un mondo in bilico tra incoscienza del pericolo hitleriano e rassegnazione a uno scontro sentito come ineluttabile. I Giochi Olimpici del 1936 consacrati dalla macchina da presa della regista amazzone Leni Riefenstahl nel film Olympia , i Giochi di Jesse Owens, il corridore nero che fece saltare ogni teoria di supremazia ariana producendo coraggio e velocità sotto gli occhi del Führer.
Ma anche i Giochi dei due atleti neri primeggianti nel salto in alto, gli americani Corneliuis Johnson e Dave Albritton, o dell'atleta Sohn Kee-chung, gareggiante sotto la bandiera del Giappone, vincitore della maratona, in realtà coreano e dunque vittima dell'invasione nipponica. Hitler quei Giochi ereditati dalla odiata Repubblica di Weimar non li voleva proprio: fu l'astuto Goebbles - uno zoppo semi-rachitico, quanto di più lontano dalla figura di un super-uomo agonistico - a insistere, intuendone le potenzialità mediatiche. Basterebbe quanto scritto, per trasformare le Olimpiadi del 1936 in una storia da palcoscenico. Dal 16 al 18 gennaio al Teatro Tieffe Menotti di Milano, invece, questa storia sarà molto di più perché avrà come protagonista, esordiente in teatro, Federico Buffa, volto di culto di casa Sky reduce dal successo del programma Federico Buffa racconta Storie Mondiali , commentatore sportivo capace di crearsi un popolo di adepti cui si deve, non a caso, la notizia che segue: delle sole tre date milanesi di Le Olimpiadi del 1936 al Menotti il sold out è stato raggiunto un mese e mezzo fa.
Tanto che Buffa ha avuto il permesso di Sky, con cui ha l'esclusiva, di poter trasmettere in diretta streaming sul suo sito personale (Federicobuffa.com) le tre serate. Un vero e proprio spettacolo teatrale, fatto di proiezioni video, co-protagonisti (l'attrice e cantante Cecilia Gragnani), scritto da Emilio Russo, diretto da Caterina Spadaro, musicato dal vivo da Alessandro Nidi. «Era il sogno della mia vita - spiega Buffa - il mio amore per il teatro ha due origini diverse: le prime assemblee liceali, al classico Manzoni, nell'anno del golpe cileno di Pinochet, quando ascoltavo ammirato gli oratori e scrissi sul quaderno degli appunti l'intenzione di fare l'attore; e poi gli spettacoli in via Rovello, al Piccolo, a cui mi portava mio padre quando ero bambino. Non importa che capisci tutto, mi diceva, qualcosa passa. Mi ha addomesticato, e io oggi sono un consumatore bulimico di teatro e cinema». Inventarsi attore non è facile, anche per un affabulatore come lui: «Caterina Spadaro mi ha plasmato - confida Buffa -; passare dalla tv al palco è una rivoluzione: per come devi usare la voce, per come devi alzarti, muoverti, uscire di scena, centrare le luci. Devi parlare per due ore di fila, aumentare la potenza vocale. Tensione per l'esordio? Ho un criceto dentro che corre sulla ruota».
Gli aneddoti dalla bocca di Buffa, che a tratti impersosa il comandante del villaggio olimpico Wolgang Fürstner, fioccano senza economia: «Tutti top secret - conclude Buffa - quindi accennerò solo a uno escluso dal testo: Hitler restò affascinato dall'Oro nei 100 metri di Helen Stephens, nera, tanto da invitarla prima sul palco d'onore e poi nel suo Nido delle Aquile. La Stephens rifiutò la seconda offerta».
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