Pare che gli sceneggiatori italiani osservino una legge non scritta: mai collocare un legal thriller (cioè un giallo di ambientazione processuale) in Italia. «È vero che questo genere è molto diffuso sui network internazionali - ammette Daniele Cesarano, responsabile della fiction Mediaset -, ma i processi italiani durano troppo. E sono così noiosi!». Quindi, quando gli sottoposero il legal thriller che lo sceneggiatore Alessandro Fabbri aveva intitolato Il processo, lo lesse «solo per stroncarlo ammette - e invece me lo sono bevuto, pur di arrivare alla soluzione finale». Conclusione: Il processo (quattro serate su Canale 5, da venerdì 29 novembre, interpreti Vittoria Puccini, Francesco Scianna, Camilla Filippi) «è la prima serie legale ambientata in Italia - sintetizza Fabbri -. Come abbiamo fatto a distinguerla da quelle americane? Ispirandoci ad una evidente caratteristica di casa nostra: dal caso Cogne in poi, passando per quelli di Parolisi, Elena Ceste, Yara, tutti i grandi gialli italiani hanno avuto un solo presunto colpevole, su cui l'opinione pubblica si è spaccata tra innocentisti e colpevolisti».
Allo stesso modo l'efferato omicidio di una diciassettenne contrappone la pm Elena Guerra (Puccini) all'avvocato Ruggero Barone (Scianna) circa l'effettiva colpevolezza della principale indiziata (Filippi). «Sulla quale - commenta Vittoria Puccini - ogni spettatore si farà opinioni diverse, ne sono sicura. Ma solo all'ultimo minuto dell'ultimo episodio il mistero sarà risolto. Rimanendo nel frattempo col fiato sospeso». Non basta: «A rendere ancor più intrigante questo giallo processuale è il fatto che sia Elena sia Ruggero hanno dei segreti. Che li legano fra loro e influiscono sulle loro scelte professionali». «In questo modo, convergendo su un'unica sospettata, i due diversi punti di vista vengono tenuti assieme molto strettamente spiega il regista della serie, Stefano Lodovichi - e fanno da tirante sul pubblico. Che continuamente si chiederà: dov'è la verità? Dove la bugia?». La Puccini non voleva fare un'altra serie tv; a convincerla è stata proprio questa tensione emotiva. Nonché il personaggio di Elena: «Donna apparentemente dura, a causa di un trauma che da tempo si porta dentro senza riuscire ad affrontarlo. Ma che questa vicenda spingerà ad elaborare e superare».
L'attrice viene da una famiglia di avvocati e docenti di Diritto. Pur iscritta a Giurisprudenza, però, confessa di non aver sostenuto neppure un esame: «La legge mi ha sempre molto affascinato. Da bambina seguivo i processi in tv, mi facevo sempre una mia opinione. E per questa serie ho parlato con tanti pm, uomini e donne. Anche se pare che le donne siano più brave: più meticolose, studiano e ristudiano le carte fino all'ultimo».
Da loro l'attrice ha imparato come si tiene sulla corda un interrogato. E, di conseguenza, uno spettatore: «Tendendo come un filo, fra te e lui. Allentandolo, poi tirandolo di nuovo. Tenendolo continuamente in movimento, insomma. Ma senza mai arrivare a spezzarlo».
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