Ballan squalificato due anni per doping Pietra tombale sul nostro ultimo iridato

Con decisione fulminea, quattro anni dopo la giustizia antidoping condanna Alessandro Ballan. Alla faccia della velocità. Squalifica per sedute di ozonoterapia: servivano a curare l'epatite virale, sostiene lui, servivano a barare, sostiene il Tribunale dello sport. Due anni e le chiacchiere stanno a zero. Di fatto, è la pietra tombale sull'ultimo campione del mondo nostro: Ballan aveva vinto a Varese nel 2008, in un'altra vita, prima che il ciclismo italiano entrasse in una depressione talmente deprimente da non dare più segnali di riscossa, Nibali a parte. Era un bel ricordo, frantumato anche questo. Come pietra tombale, la sentenza chiude pure l'intera carriera dell'interessato, che ha già 34 anni e oltre tutto fatica a riprendersi da una terrificante caduta in allenamento, accusata l'anno scorso.
Non c'è mai un lieto fine, nella tumultuosa storia del doping. Più che altro, non c'è mai un lieto inizio. Ri-inizio. Non si riesce, proprio non è possibile. Non appena sembra di farcela, di avviare una nuova primavera, dal remoto passato emerge puntualmente un fantasma cupo e opprimente, che allunga la sua ombra fino ad oscurare qualsiasi parvenza di ricostruzione. Ballan paga per la famosa inchiesta di Mantova, datata 2010. Radiato anche un farmacista, quattro anni al medico che lo seguiva. Sono fatti e personaggi già lontani, giustamente il presidente federale Di Rocco grida che non se ne può più, «perché tutto questo confonde l'opinione pubblica, mentre gli indicatori mostrano come il ciclismo abbia voltato pagina e non meriti questa gogna retroattiva, anzi oggi dovrebbe essere proposto come modello di rigore nella lotta al doping».
Eppure c'è poco da fare: ogni volta che abbattono un campione, è buona l'occasione per enfatizzare l'immagine sporca di uno sport dannato, lo sport dei drogati, lo sport degli impresentabili. Purtroppo questa è la vera condanna di chi molto ha sbagliato, per tanto tempo e in tutti i modi: ripulirsi la reputazione, dopo, è impresa proibitiva e sanguinosa. Basta guardarsi in giro: certo ci sono politici onesti, disinteressati, competenti, certo i nuovi che arrivano sono tutti di un'altra pasta (?), ma sarà molto dura per loro rimuovere dall'opinione pubblica l'idea della politica marcia, sporca, truffaldina.

Il ciclismo uguale: senza frignare continuamente, senza fare del gratuito vittimismo, deve smaltire i rifiuti tossici del passato e ripartire in trasparenza e lealtà. È l'unica strada possibile. Certo non è una discesa. È un eterno Mortirolo.

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