Il bus sbagliato di Del Bosque Tanta fama, ma senza fame

Il Ct dei campioni saluta il Mondiale salendo sul pullman del Cile. L'ultimo di tanti errori: il più grave aver puntato su un gruppo sazio

Il fatto che Vicente Del Bosque, depresso e rispedito a Madrid, abbia sbagliato bus nel dopo partita con il Cile, significa essere bastardi dentro fino in fondo, perfidi e cinici contro gli ex, ormai così, campioni del mondo e attualmente campioni d'Europa. Il fatto poi che si dica e si scriva che gli spagnoli siano cotti, stremati e che il loro ciclo si sia concluso ribadisce che nel calcio le opinioni spesso superino largamente il numero complessivo di spettatori presenti in tutti gli stadi del mondo. Ma se fosse vero che gli spagnoli siano stati carbonizzati da una Liga lunga e ossessionante qualcuno dovrebbe spiegare perché gli altri reduci dallo stesso campionato siano invece tutti su di giri. Vado con l'elenco, per chi non avesse ancora capito l'arcano: vi sembra che Alexis Sanchez, attaccante del Cile indemoniato contro la Spagna, abbia denunciato stanchezza come i suoi sodali del Barcellona in campo come avversari? Vi sembra che Karim Benzema, protagonista in gol dell'attacco della nazionale francese, sia sfinito dalla temporada con il Real Madrid? Ritenete che lo stesso discorso debba valere per il croato Modric, pure lui presente e reattivo? Proseguo: e Neymar e Marcelo e Alves con il Brasile sono gli stessi «spagnoli» cotti nel Barcellona e nel Real Madrid, come Varane con la Francia? Semmai il dubbio può sorgere con Cristiano Ronaldo, Pepe e Coentrao, umiliati e offesi dall'Olanda ma anche dalla pochezza della comitiva portoghese. Ecco il punto: la Spagna di Del Bosque non ha la stessa fame, la fama sì, che l'aveva stimolata per quasi un decennio, si è smarrita guardandosi allo specchio pensando di essere la più bella del reame. Come le due grandi di Spagna, Real e Barcellona, erano state battute nella Liga, dalla voglia pazzesca di vittoria dell'Atletico di Simeone così lo stesso Real Madrid aveva raggiunto la «decima» di Champions e la coppa del re grazie all'innesto di un cento milionario, Gareth Bale, un gallese assente in Brasile per colpa della sua «piccola» nazionale.
C'erano, fino a ieri, le furie rosse oggi sono le flemme rosse di vergogna. Hanno ammesso di avere tradito i tifosi, hanno chiesto scusa ma oltre le parole c'è la realtà di uno spogliatoio che si è squagliato come era accaduto alla nazionale di Lemerre e a quella di Lippi. Del Bosque aveva provato nei giorni scorsi a dribblare le paure e il pessimismo dei media spagnoli giurando che la squadra era salda e sicura di reagire al manotazo dell'Olanda. Ma è quasi impossibile ricostruire un ambiente che, lentamente e umanamente, ha assorbito onori e trionfi di ogni tipo per poi arrendersi, a sua insaputa ma con la pancia piena, a una realtà agonistica diversa. Gli spagnoli restano di primissima qualità ma basti pensare che hanno perduto un combattente di difesa come Pujol, hanno fatto i conti con il tramonto di Xavi (113 presenze) e hanno messo in panchina Piqué, insistendo in porta su Casillas e sacrificando Pepe Reina, si può capire perché la fotografia di questo mondiale sia stata così mortificante per i regnanti.

Del Bosque non si tocca, resterà lui il selezionatore, lo ha ribadito ieri il presidente federale Perez ma è la «rosa» a subire una rivoluzione: dentro de Gea al posto di Casillas che si ritirerà, in difesa probabili innesti di Carvajal, Bartra, a centrocampo Koke, Anden Herrera, Isco, Thiago Alcantara, in attacco fine corsa per Villa (96 presenze, massimo goleador della storia della nazionale) e Torres (109 presenze), porte aperte a Morata e Duelofeu.
Speranze, dopo i trionfi.

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