Camerun eliminato per sciopero

Trentadue anni fa il Camerun fece tremare l'Italia a Vigo, raccontando al mondo che l'Africa era pronta per competere ai massimi livelli. In quei giorni imparammo che si facevano chiamare Leoni Indomabili, e che tra un portiere col pantalone della tuta, Thomas N'Kono, e un attaccante dall'età indecifrabile, Roger Milla, c'era un solo vero professionista, Jean Pierre Tokoto, che tirava la carretta in un piccolo club degli Stati Uniti. Oggi il Camerun di Samuel Eto'o, e di una nutrita pattuglia di calciatori famosi e ben pagati, è la nazionale che si è coperta di ridicolo in Brasile raggiungendo la condizione di «eliminata per sciopero». C'è mancato davvero poco che i giocatori africani incrociassero le gambe. Si sono limitati ad affrontare Messico e Croazia con lo spirito di chi deve sostenere un blando allenamento. Per colpa dei premi partita (non erogati) si può anche gettare ai rovi una Coppa del Mondo. Questo almeno è l'insegnamento che arriva dai «leoni domati», patetici nello 0-4 contro la Croazia. Paradossalmente c'è una punta d'orgoglio nel vivere un pallone da disordine organizzato e nell'enfatizzare i propri limiti. Il Camerun dilaniato dai premi partita è lo stesso di una singolare vicenda successa ai giocatori di ritorno da una gara alle Isole Mauritius. Eto'o e compagni aprirono le valigie per depositare gli indumenti sportivi in alcune ceste. Dovevano essere imbarcati sul volo della nazionale Under 17. Le divise venivano vendute sottobanco. Pare che ancora oggi una sola muta venga messa a disposizione per tutte le squadre. Il Camerun che nel 1990 in Italia arrivò fino ai quarti di finale, era pilotato da un tecnico di Samarcanda, Valeri Nepomniachi, ingaggiato solo perché era sceso dall'aereo prima del suo collaboratore.

La federazione aveva denaro solo per uno dei due e si affidò alla sorte. Anche se in una recente intervista proprio Nepomniachi, che oggi ha 71 anni e vive in Siberia, ha rivelato di non aver «mai ricevuto un solo stipendio nei tredici mesi di lavoro».

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