Sarà molto interessante leggere le motivazioni firmate dal presidente della Caf Mario Luigi Torsello con le quali ha condannato la Juve - e solo la Juve, assolvendo infatti gli altri 8 club rinviati a giudizio dal procuratore federale Chinè e per i quali erano state chieste ammende - a una penalizzazione immediata di 15 punti in classifica. L'interesse è determinato dall'abilità con la quale le sezioni riunite riusciranno ad aggirare i due rischi d'intervento da parte del Collegio di garanzia presso il Coni presieduto dalla giurista napoletana Gabriella Palmieri Sandulli, ultimo grado di giustizia sportiva e al quale i legali bianconeri rivolgeranno il loro ricorso.
Il primo ostacolo è quello di natura squisitamente giuridica: e cioè come è stato possibile superare il principio «bis in idem», cioè il divieto di processare per lo stesso reato (plus-valenze) su cui c'è già stata una sentenza di archiviazione, gli stessi soggetti. La scelta di punire solo la Juve, sotto sotto, ha questo preciso scopo: dimostrare che la sanzione è scaturita dai nuovi fatti resi noti dall'inchiesta penale della procura di Torino, vale a dire le «intercettazioni auto-accusatorie» dei dirigenti bianconeri e non l'ingarbugliato sistema delle valutazioni dei singoli cartellini. Se questa tendenza «giuridica» sarà confermata, qualunque altra indagine per plusvalenze fittizie non sarà più praticabile. Di fatto la Juve è stata pesantemente punita per aver espressamente dichiarato la volontà di alterare il valore dei cartellini, paragonando cioè il «reato» a quello dell'illecito sportivo dove - nell'ordinamento calcistico - non c'è bisogno di consumarlo per riscuotere un pesante castigo.
Il secondo ostacolo da aggirare è ancora più complicato. Perché non è vero, come hanno continuato a ripetere, che il collegio di garanzia presso il Coni può intervenire soltanto in caso di «vizi di forma e/o violazione del diritto alla difesa». C'è un bel precedente che fa scuola in proposito. Si tratta della partita Juve-Napoli, non disputata per il mancato arrivo a Torino del team azzurro, in periodo di Covid, causa un ritardato divieto espresso dagli uffici del governatore della Campania De Luca. Nella fattispecie, giudice sportivo e Caf, primo e secondo grado, confermarono il 3 a 0 a tavolino a favore della Juve mentre il collegio di garanzia del Coni capovolse il verdetto ordinando invece di giocare la partita. I giudici spiegarono quel provvedimento appellandosi al primato dell'autorità sportiva (le asl 1 a e 2 di Napoli) rispetto all'autorità calcistica (Lega di serie A che aveva confermato la disputa della partita). Si sa che in materia di giustizia sportiva, le decisioni del collegio di garanzia presso il Coni fanno giurisprudenza.
In merito infine alle squalifiche inflitte ai dirigenti della Juventus, c'è una in particolare, riferita al ds Federico Cherubini (16 mesi) che andrebbe rivalutata sulla scorta proprio delle intercettazioni della procura
torinese dalle quali risulta evidente il suo «dissociarsi» rispetto alle pratiche attuate da Paratici, responsabile a pieno titolo delle operazioni fatte nel periodo finito sotto i riflettori di Consob e magistrati inquirenti.
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