Costa Rica da prendere di petto senza dimenticare Fantantonio

Il ct non ingigantisca i meriti dei centramericani. Seguiamo la strada di Cile e Olanda Poi servirà un Cassano Giamburrasca

Costa Rica da prendere di petto senza dimenticare Fantantonio

Prandelli non ha bisogno di consigli e da questo pulpito nessuno vuole sostituirsi al Ct che ha cominciato il mondiale col passo giusto e con scelte, poco tradizionali, ma di grande effetto scenico (il tiki taka a centrocampo) e tecnico (un solo attaccante in cima alla piramide per richiamare nella scia Candreva e Marchisio; uno ha preso il palo, l'altro ha inchiodato il primo pallone sulla schiena inglese). Sono la storia e il possibile sviluppo del mondiale che devono fare da bussola ai suoi, come accadde qualche anno prima quando Marcello Lippi riunì la truppa nell'albergo di Duisburg e fece loro intravedere le possibili tappe della cavalcata. E alla fine, quel ct già dimissionario risultò profetico: lungo la strada, tra gli ottavi e i quarti, l'Italia si ritrovò al cospetto di Australia e Ucraina, furono il trampolino di lancio per volare verso Dortmund e la gloria agguantata nella notte di Berlino. La seconda sfida del girone è sempre piena di insidie, specie se c'è davanti il rivale meno accreditato del gruppo: le pressioni e le tensioni, mitigate dal successo precedente, sono diminuite e alla prima curva c'è il rischio di finire fuori pista. Nel 2006, gli Stati Uniti regalarono una smorfia alla Nazionale: Gilardino suonò il violino, Zaccardo tradì Buffon, De Rossi rifilò una gomitata fuorilegge e l'1 a 1 finale soffocò l'entusiasmo contagioso dei paisà di Germania. La Costa Rica ha le stesse caratteristiche psicologiche degli Usa: ha già sorpreso e messo sotto l'Uruguay, è convinta, dietro la falsa umiltà di qualche frase, di ripetere l'impresa.

Prandelli non ha bisogno di consigli ma la sua Nazionale deve trovare il gusto per affrontare la sfida in modo sfrontato, con il coraggio che han dimostrato altre squadre in circostanze analoghe. Prendete il Cile che si è avventato sulla Spagna senza tradire alcun complesso, anzi consapevole di poterle assestare il colpo definitivo. Prendete l'Olanda spiazzata dal palleggio e dal contropiede dell'Australia e poi capace di ribaltarla come un sedile. E date anche una occhiata alle azioni dei due gol cileni per coglierne l'essenziale caratteristica: sulla punizione respinta da Casillas, gli spagnoli sono rimasti fermi, come birilli, i soci di Vidal sono schizzati sul pallone in uscita come morsi dalla tarantola, bruciando sul tempo gli spagnoli, lenti, poco reattivi, rassegnati nella testa. Coraggio non fa rima solo e soltanto con attacchi sfrenati: quelli del Brasile, al cospetto del Messico, specie nel secondo tempo, non hanno prodotto lo sbocco previsto. Non è questo il punto. Senza violentare lo spartito, l'Italia deve prendere di petto la Costa Rica, toglierle il controllo del gioco, e garantirsi trame efficaci correndo molto sui fianchi: Abate e Darmian devono mollare gli ormeggi. Secondo suggerimento: non si lascino condizionare dalla favole che si raccontano sul conto di qualche avversario, tipo Joe Campbell, dignitoso esponente della Premier league, trasformato dalle gazzette brasiliane in una sorta di incubo notturno. Siamo proprio sicuri che può mettere a ferro e fuoco la difesa azzurra? Ci fu, molti anni prima, in Giappone, un altro signor nessuno, tale De La Cruz, laterale difensivo destro dell'Ecuador, citato a ripetizione dal Trap nelle conferenze stampa della vigilia e trasformato, di racconto in racconto, nella versione moderna di un Djalma Santos, pace all'anima sua. Si rivelò ben poca cosa e l'Ecuador non ebbe scampo.

Più che lo schieramento, allora, è decisiva la convinzione della Nazionale. E se con gli inglesi, Prandelli utilizzò un canovaccio scontato nei cambi (Immobile per Balotelli, Parolo per Candreva, Thiago Motta per Verratti), qui è possibile cambiare registro. Senza dimenticare che in foresteria c'è anche Antonio Cassano. É rimasto nel cono d'ombra di questo mondiale e non è certo il modo migliore per assicurarsi, alla prima occasione, il suo miglior rendimento. Il barese ha bisogno di sentirsi coccolato ed amato, anche stimato, come gli è capitato a Genova con la Samp e a Parma, di recente, per esprimere il suo talento che si combina perfettamente con una nazionale fatta di palleggiatori. Non ha regalato una sola “cassanata“, non ha firmato una sola frase fuori posto, si è improvvisamente imborghesito l'ex Giamburrasca di Trigoria, Madrid e Milanello durante i primi giorni di questo ritiro da collegiale.

E chi lo conosce bene è convinto che non sia un bel segnale. Sembra una provocazione ma forse non lo è: deve cominciare a fare il matto per tornare Fantantonio. Di cui l'Italia ha bisogno, se vuole davvero continuare a stupire in questo pazzo mondiale.

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