Campo Imperatore. Davide batte i Golia, quelli che si credono grandi, quelli che se la tirano a dismisura, quelli che sono qui per vincere il Giro d'Italia e poi fanno i turisti a passeggio. Davide è Bais, ragazzo 25enne trentino di Rovereto, cresciuto alla scuola del Cycling Team Friuli di Roberto Bressan e oggi portacolori della Eolo Kometa, la squadra di Ivan Basso e Alberto Contador, che dopo lo Zoncolan con Fortunato due anni fa, si prendono anche la montagna Marco Pantani (nel 1999, il Pirata qui vinse e si vestì di rosa).
Nella prima tappa di montagna, le stelle stanno a guardare: il paesaggio. La corsa la fanno in quattro e in tre arrivano a giocarsi l'ambito traguardo. Petilli parte all'attacco (in verità il primo a provarci è Mattia Bais, il fratello di Davide), con lui ci sono lo stesso Davide, il ceco Vacek e l'eritreo Mulubrhan. Dei quattro perderà contatto solo l'africano, gli altri tre tireranno dritto fino a Campo Imperatore, dove si giocano tutto in uno sprint a tre e a prevalere è il trentino, che rompe il ghiaccio proprio sulle strade rosa: prima vittoria da professionista, per un ragazzo che anche nelle giovanili vinceva con il contagocce.
«Al via non mi davo chance, sono andato in fuga per prender punti per le varie classifiche (adesso è in maglia azzurra Mediolanum, quella degli scalatori), e per esser da supporto a Fortunato, il nostro uomo di classifica spiega il trentino -. Poi col vantaggio che resisteva (oltre 10' la punta massima) e il passare dei chilometri ci ho creduto e ho dato tutto».
La corsa è tutta qui, e cara grazia che ci sono stati questi tre. Patetico e al limite del grottesco la volatina finale, del gruppo maglia rosa, sempre sulle spalle del norvegese Andreas Leknessund. A prevalere è il campione del mondo Evenepoel, che precede Roglic. Pensa l'impresa. Lui, il bulletto di Schepdaal, si muove da padrone, sperando di diventare imperatore. Non importa che a vincere sia Davide Bais: lui si sente RE. Non si muove come un ciclista Remco, ma come un calciatore. Da talento quale è stato nelle giovanili di Anderlecht e Psv Eindhoven, sembra un surrogato di CR7: ecco a voi RE1. È un lupo affamato e ambizioso.
In montagna non è temuto come l'orso Jj4, ma RE1 fa parte dei temutissimi Wolfpack la sua squadra - di cui è appunto guida e riferimento. L'ultima immagine bella di Remco è dell'altro ieri, quando in piazza Plebiscito palleggia con un pallone biancoazzurro. Adesso si palleggiano le responsabilità di questa brutta figura: non è un bello spettacolo.
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