A Torino usarono la parola maiale per salutare Ancelotti. A Roma la stanno regalando a Pallotta. Dice uno striscione: «Un presidente maiale e una società incompetente. DDR per sempre nel cuore della gente». Quelli di Torino non ci azzeccarono, a Roma è evidentemente che l'affarismo americano non tira. Roma, una parte di Roma, è in rivolta. E, per una volta, nessuno potrà definirla ladrona. Qui è stata derubata: nel cuore, per molti peggio che nel portafoglio. Il distacco da capitan De Rossi rievoca l'addio a Totti. Diciamolo pure: Roma e i suoi tifosi stanno insegnando che per le bandiere si può ancora scendere in strada, portare truppe corazzate di rabbia a Trigoria, usare il veleno della parola («Noi As Roma, voi azienda funebre»).
Roma protesta e promette di non smetterla tanto presto, sebben la logica dica che De Rossi non sarebbe stato più un protagonista: forse è stato peggio cacciar via alcuni giocatori che potevano rappresentare il futuro. De Rossi è il passato ed era il presente attorno al quale ancorare il tifo, più che le speranze. DDR vuol bene alla Roma, ma non è detto che l'amor proprio non abbia messo, per qualche attimo, in secondo piano questo sentimento. De Rossi chiuderà con Roma-Parma che, una volta, significò scudetto (ma lui non c'era) e stavolta significherà addio di una bella storia damore e d'onore romanista.
De Rossi non ha mai vinto il titolo ma ha incarnato il senso della rivolta del suo popolo: sempre, sul campo e fuori. Quest'anno il calcio ha regalato poco alla Roma. Ma ha tolto qualcosa a Roma: pure i laziali conoscono il valore delle bandiere.
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