È partito tutto da un sogno. Finché quel tutto è diventato realtà. Arrivare terzi in Serie A, giocarsi la finale di Coppa Italia, disputare la Champions e addirittura entrare tra le prime otto migliori d'Europa. Scenari classificati alla voce utopia, ma non per l'Atalanta, che si è arrampicata fino al cielo. Un limite non scritto, quindi superabile. Anche stavolta, nonostante la parola sia pesante come uno scudetto. Ma non ci sono limiti e nemmeno sogni proibiti per una squadra che prima e dopo il lockdown (considerata la Champions) ha infilato undici vittorie fila, di cui nove in Serie A, ossia il record storico di successi consecutivi in campionato. È come se la lunga sosta non ci fosse mai stata, anzi, ne è uscito un gruppo ancora più affamato, che non aggredisce subito la partita per farla sua, ma aspetta la preda e poi la azzanna a piacimento, come successo nelle ultime tre uscite contro Napoli, Cagliari e Sampdoria. E rigorosamente senza prendere gol, in stile top club. Giocare e vincere da grande, non a caso l'Atalanta se ne sta nell'élite ristretta delle tre squadre dei principali tornei in Europa che hanno vinto tutte le partite dopo la sosta, assieme ai giganti Bayern Monaco e Real Madrid.
Se la Lazio, irriconoscibile e decimata, resta l'esempio più eclatante tra le metamorfosi generate dai due mesi e mezzo di stop, la Dea invece non conosce infortuni o squalifiche, mantiene una condizione fisica invidiabile e ha allungato la panchina con ricambi indispensabili giocando così spesso. Tra il colpaccio di Cagliari e la vittoria contro la Samp, Gasperini si è concesso il lusso di fare otto cambi nella formazione titolare, esplorando un orizzonte fin qui inedito. Cambiano gli interpreti, ma non la sostanza. Resta identico però l'approccio del tecnico, capace di spostare l'attenzione altrove: «Lo scudetto resta nella mani della Juve, non voglio sentire questa parola. La sfida dello Stadium sarà un test per la Champions».
I bianconeri sono a meno nove, ma a sei lunghezze c'è la possibilità di battere l'ennesimo record, quello dei punti in Serie A, fermo ai 72 della stagione 2016-17. E con un Papu Gomez così luccicante tutto diventa più facile, la sfida contro CR7 sarà l'occasione migliore per festeggiare le 300 presenze in A. Un bottino che rende l'idea di quanto sia sottovalutato l'argentino, premiato con 4 misere presenze nella Selección. Gol a parte, solo in questo campionato è già alla cifra record di 15 assist, ma va in doppia cifra con i passaggi decisivi da almeno 4 stagioni: in Europa, nessuno come lui.
Merita la maglia dell'Argentina, il gotha del calcio
mondiale, al fianco di Messi, Lautaro e Dybala. Lo pensano tutti, tranne il protagonista: «Non importa se mi sottovalutano o meno. Volevo rendere l'Atalanta una grande squadra e ci sono riuscito». Ha ragione lui, come in campo.
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