Non è vero che le stelle stanno solo a guardare. Ieri ci hanno provato, poi le stelle del calcio hanno deciso come sarebbe finita. Anche con grande calcio. Le stelle lassù, invece, stavano con Christian Eriksen che guardava dal letto di ospedale indossando la sua maglia numero 10, ammiravano la sua gente, volevano restituire qualcosa a quel ragazzo, alla squadra, anche ad un mondo mandato sotto choc. Nemmeno due minuti ed hanno radiocomandato il piede destro di Youssuf Poulsen, quel ragazzone con treccina che, nel muro umano danese schierato a difesa del dramma di un compagno, quel giorno stava agganciato al braccio di Kjaer e Maehle, ma guardava verso il pubblico del Telia Parken di Copenaghen, non riusciva a posare lo sguardo sul compagno in lotta con la morte. Il destro sbilenco di Youssuf ha portato fuori tutti dallo choc di quella storia sul campo. Omaggio delle stelle a un ragazzo che porta sulla maglia il nome Yourary, così si chiamava il padre, di origine tanzaniana, morto per cancro quando lui aveva sei anni. Chissà!
Ma ieri abbiamo assistito a due, anzi tre partite. Quella feroce, gigantesca, piena di cuore e dignità della Danimarca. Il cuore di giocatori mostrato al compagno che, proprio ieri, ha accettato di farsi inserire un defibrillatore cardiaco che lo porterà a capire il suo futuro: calcio o non calcio? In Italia non potrebbe giocare con quel gingillino nel corpo. Altrove è possibile. Servirà un mese per capire. Invece la seconda partita, se non la prima per trasporto emozionale, è stata annunciata dalle parole di capitan Kjaer, prima del match. «Con Christian nel cuore e nei nostri pensieri». Vertonghen, capitano del Belgio, che regala al capitano danese una maglia numero 10 firmata dai giocatori con dedica «Christian God Bedring» «Buona guarigione». La gigantesca maglia della Danimarca distesa a centrocampo con numero 10 e nome di Eriksen. Infine quell'infinito minuto, il minuto numero 10, tal il numero di Eriksen: tutti si fermano, l'arbitro blocca il pallone, stadio in piedi, giocatori con fiatone e magone, applausi forti, sinfonia di autore incerto e protagonisti certi, la faccia gonfia di umano affetto di Lukaku che abbraccia i giocatori danesi. Forse la Danimarca, dopo la sconfitta di ieri, lascerà l'Europeo ma non avrà perso: avrà spinto tutti al bello del sentirsi compagni di uno stesso mondo. Ed Eriksen potrà sorridere. Probabilmente avrà sorriso per tutto un tempo quando i suoi compagni feroci e frenetici hanno giocato una grande partita, il Belgio non è sceso in campo (Mertens inguardabile) per 45 minuti: forse con eccezione di Lukaku. Lo scatenato doriano Damsgaard ha trascinato la compagnia, i gol potevano essere di più: gli errori si pagano. Ed, infatti, nella ripresa il Belgio ha chiesto aiuto alle stelle in panca, l'inarrivabile De Bruyne davanti a tutti. Ne sono scaturiti due gol di fantastico disegno: combinazione Lukaku, De Bruyne, Hazard per il primo.
Un duetto dei fratelli Hazard con De Bruyne alla conclusione per il secondo. La Danimarca non si è arresa, Braithwaite ha colpito la traversa. Ma le stelle del calcio hanno deciso che il Belgio va agli ottavi, la Danimarca resta nel libro Cuore.
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