La F1 va in "cassa" aspettando i piloti

Sussidi per i dipendenti. Carey e Brawn: taglio dell'ingaggio di oltre il 20%

La F1 va in "cassa" aspettando i piloti

La Formula 1 corre veloce verso la cassa integrazione, anche se in inglese la chiamano furlough e suona un po' meglio. In realtà è un procedimento molto simile, con lo stato di Sua Maestà che verserà l'80 per cento dello stipendio al personale, messo in sospensione fino a un massimo di 2500 sterline al mese. Ne hanno fatto ricorso McLaren, Williams e Racing Point che hanno tagliato del 20% anche gli ingaggi dei loro piloti. Adesso vi fa ricorso la F1 stessa che ha messo in stand by la metà dei suoi 500 dipendenti della sede di Biggin Hill, un vecchio aeroporto diventato la sede delle operazioni fin dall'era Ecclestone. Tra l'altro la Fia ha allungato da 21 a 35 giorni il periodo di chiusura obbligata dei team (da godere entro maggio). A dare l'esempio sono gli stessi 15 dirigenti di Liberty Media a partire dai baffoni di Chase Carey. Lui e Ross Brawn si taglieranno anche più del 20% di ingaggio e non chiederanno certo il sostegno dello stato. In fin dei conti loro sono un po' come i piloti per un team. In casa Ferrari la situazione è sotto controllo, ma se il blocco delle operazioni dovesse allungarsi e diventasse necessario ricorrere alla cassa integrazione per la fabbrica, allora verrebbe chiesto un sacrificio anche ai piloti e il primo a dare l'esempio sarebbe di sicuro Mattia Binotto. Ma in un panorama come quello che ci circonda è un po' assurdo pensare che gente come Hamilton e Vettel con contratti da 40 e più milioni di euro, possa pensare di non dover affrontare un taglio sostanzioso al suo ingaggio.

Neppure lo sport più veloce e ricco del mondo riesce a sfuggire al Virus. E ingegneri di solito impegnati a guadagnare millesimi di secondo con le loro diavolerie oggi stanno cercando di inventarsi come risparmiare denari. Tra le altre cose si sta pensando di differenziare il Budget Cap tra costruttori veri (Mercedes, Ferrari, Red Bull e Renault) e team clienti che non devono sostenere le enormi spese di ricerca e sviluppo. Il tutto sperando di poter tornare a gareggiare tra agosto e settembre per poter programmare un campionato su almeno 15 prove (ieri è stato rinviato anche il Gp del Canada del 14 giugno), così da non rischiare di sentirsi chiedere un rimborso dalle tv. Pur essendo lodevole l'idea di un mondiale virtuale, mai potrà essere paragonato a una gara vera.

Liberty Media, la company statunitense proprietaria del «carrozzone» ha visto le sue azioni crollare in Borsa negli ultimi mesi e il blocco totale rischia di mandarla in crisi perché la F1 deve comunque pagare alle squadre i premi dell'anno scorso e che devono essere pagati nel 2020: la bellezza di 1.

012 milioni di dollari da versare entro fine anno come da contratti. Con l'aggiunta dei 381 milioni che costa, secondo i bilanci, una stagione intera per gli organizzatori. Mettere in cassa anche se all'inglese il 50% del personale era inevitabile.

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