Far riesplodere il Vesuvio. È l'ultimo kolossal girato da De Laurentiis

Magnate cinematografico di prestigio internazionale ma il "film" più bello l'ha realizzato trasformando un club in crisi in una perfetta macchina di successo

Far riesplodere il Vesuvio. È l'ultimo kolossal girato da De Laurentiis

Il vero kolossal di Aurelio De Laurentiis è questo scudetto del Napoli che sembra fatto apposta per stordire la concorrenza, smentire i pronostici di qualche mese prima e capovolgere il destino stesso di una città non più devota all'arte del possibile ma sospinta verso la nuova frontiera del calcio sostenibile e vincente. È vero, ha impiegato poco meno di 20 anni Aurelio De Laurentiis, romano d'anagrafe, napoletano (di cuore) molto atipico e imprenditore di rango con la Filmauro nata nel 1975 con papà Luigi, nel calcio mai in soggezione verso i poteri forti, anzi in aperto conflitto, ma la spiegazione è concentrata nei primi passi effettuati in quel mondo che non conosceva e del quale non condivideva quasi nulla. Rimase impressa la famosa scena della partenza a bordo di uno scooter dopo aver insultato a sangue i colleghi presidenti per via di un calendario redatto con i piedi. ADL raccolse il Napoli dalle ceneri del fallimento («stavate nella m...» l'espressione colorita ma efficace utilizzata per rinfrescare la memoria ai suoi contestatori) nel 2004 e cominciò la scalata dalla serie C prima di ritornare a riveder le stelle nel 2007 con la promozione in serie A e la caccia al palcoscenico internazionale.

Puntare su collaboratori di fama consolidata fu il primo tratto del suo Napoli, preparato come un film destinato al mercato europeo per imporre il nuovo marchio oltre i confini naturali di una comunità, quella napoletana naturalmente, capace di girare mezzo mondo e di insediarsi nell'altra metà. Rafa Benitez fu uno di questi e la sua presenza sulla panchina del Napoli per esempio agevolò l'arrivo di alcuni protagonisti dei successi di quegli anni, Callejon e Higuain tra gli altri, quest'ultimo poi rapito dalla Juve grazie al pagamento della clausola rescissoria (90 milioni).

Il secondo tratto distintivo fu quello di governare il club stravolgendo il format tradizionale dei tempi: nessun compromesso con le curve, rapporti ridotti all'essenziale con gli agenti, rigoroso controllo dei conti fino a raggiungere il traguardo di bilanci di segno positivo, zero debiti con le banche e critiche appuntite riservate a Fifa e Uefa. «Ridicolo il derby italiano di Champions nei quarti di finale» una delle ultime sortite prima della doppia sfida col Milan nei quarti di Champions league. Colto il filone del business, è sbarcato anche in Puglia con il Bari affidato alle cure del figlio Luigi con risultati anche qui strepitosi, promozione in B e adesso play off garantiti per tentare il salto triplo. «Vendo il Bari non il Napoli per il quale ho già detto no a un fondo arabo» il suo piano illustrato in tempi non sospetti anche per prepararsi alla trattativa inevitabile per obbedire al divieto di controllare due club nella stessa categoria.

In pubblico ADL ha sempre bollato la Superlega prima edizione abortita in poche ore, come un clamoroso errore, in privato ha sempre pensato che fosse invece una idea da affinare e perfezionare, tanto da raccontare nei mesi successivi di un suo progetto capace di procurare profitti per molti miliardi. Ha preso gusto a pedalare contro vento, specie dopo l'ultima estate quando decise di resistere alle pressioni della piazza e della critica liquidando i campioni datati Insigne, Mertens e Ospina, cedendo a prezzi golosi Koulibaly e Fabian Ruiz, Milik e Ounas così da abbassare con i sostituti il monte-stipendi e l'età media del team azzurro. Certo poi la mano abile di Luciano Spalletti è intervenuta per trasformare la stagione in una cavalcata spettacolare fatta di ottimo calcio ma il capolavoro resta l'idea originale, realizzata sul mercato da Cristiano Giuntoli, il ds dal fiuto indiscutibile.

Con lo scudetto virtualmente sul petto ADL ha preso ad auto-proclamarsi campione d'onestà del calcio italiano alludendo ai guai della Juve e dimenticando l'affare Osimhen sottoposto a indagine ma si sa, l'uomo è fatto così, era probabilmente un modo per scusarsi visto il ritardo del suo primo tricolore.

Da oggi in poi sarà meglio concentrarsi per dare la caccia alla coppa dalle grandi orecchie, fermatasi questa volta alla stazione del Milan. Perché poi sarà quello il prossimo palcoscenico da conquistare per dare un senso di kolossal europeo all'impresa tricolore.

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