Crans Montana Avete presente il detto «preciso come un orologio svizzero»? Bene, dimenticatelo, non avrà più senso usarlo dopo quello che è successo ieri nella discesa femminile di coppa del mondo a Crans Montana, perla del Vallese (Svizzera), dove ben quattro atlete (svizzere) hanno tagliato il traguardo senza che la fotocellula fermasse il loro tempo, assegnato a posteriori e poi, a fine gara, quando sul podio erano già salite le prime tre con tanto di fiori e inno e foto inviate a mezzo mondo, poi, incredibile ma vero, modificato, guarda caso in meglio. Morale: crollato il mito della precisione svizzera (Longines e Swiss Timing in un comunicato si sono scusate e annunciato l'avvio di un'inchiesta), dopo la gara di ieri resta solo una certezza, quella che quando una discesa richiede tecnica, coraggio e il perfetto mix fra autostima e convinzione, la più forte, senza storia, è Sofia Goggia. Che ha vinto la sesta gara di coppa della carriera sulla difficilissima pista del Mont Lachaux, ieri costata cara alla campionessa del mondo Ilka Stuhec (infortunatasi a entrambe le ginocchia) e alla francese Tiffany Gauthier, che si è rotta senza nemmeno cadere.
Dopo i disastri mondiali di Åre e le polemiche per il salto mal costruito e poi modificato nella combinata maschile di Bansko (dove si è infortunato uno degli atleti più forti del momento, Marco Schwarz), lo sci agonistico sta vivendo un periodo davvero nero, ma quello che è successo ieri a Crans ha dell'inverosimile e può definirsi un vero scandalo. Perché se tutti accettano il fatto che le gare di sci siano soggette alle bizze del tempo e alla variabilità tipica di uno sport invernale che si svolge all'aperto, non si può accettare che il cronometro, unico giudice di questo sport, dia di pazzo. Com'è possibile che solo per quattro atlete, tutte svizzere come detto, il tempo non si sia fermato? Che di conseguenza per quelle atlete sia stato usato il tempo preso manualmente (le regole impongono che ci sia sempre un backup manuale in caso di malfunzionamento delle fotocellule elettroniche) e che guarda caso tutte siano state velocissime nella parte finale della pista, recuperando posizioni su posizioni?
È credibile che in meno di dieci secondi Joana Haehlen, finita a 36/100 dalla Goggia, abbia recuperato dal 14° al 2° posto? O che Lara Gut Behrami, sciando pure maluccio, ne abbia scalate sette soffiando il podio all'austriaca Nicole Schmidhofer che aveva già festeggiato? Eccezionale, la migliore nel tratto finale, è stata anche Jasmine Flury, che dal 17° posto all'ultimo intermedio è passata al settimo, facendo scalare di una posizione Fede Brignone, ottava, e Nadia Fanchini, nona. Mah. Peccato, perché una gara bella (infortuni a parte) e difficile si è trasformata in una farsa, con una, una sola certezza e cioè la superiorità di Sofia Goggia, brava a mantenere la calma dopo aver vinto entrambe le prove, brava a restare concentrata dopo le molte interruzioni, brava anzi bravissima a sciare decisa e senza dubbi, su linee quasi proibite alle altre. «E' stata una vittoria meno scontata di quello che possa sembrare. La pista era tecnica e mi si addiceva, ma le molte interruzioni hanno reso tutto meno facile. Sono partita con calma e poi ho ingranato man mano che scendevo, in questo momento ho tanta voglia di gareggiare e sciare forte, mostrare ciò di cui sono capace.
È vero, oggi ho vinto, però sto vivendo questi risultati con tranquillità, credo di provare maggiore gioia nell'immaginarli piuttosto che nel viverli, mi piace tanto lavorare per raggiungerli, il successo è una naturale conseguenza».
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