"Inter, sono il tuo leader". Il Toro nel nome di Diego dall'Argentina al Napoli

Lautaro Martinez è nello spogliatoio da 4 anni e ora da campione del mondo: "Subito pronto"

"Inter, sono il tuo leader". Il Toro nel nome di Diego dall'Argentina al Napoli

Non c'era bisogno del Mondiale, ma ora c'è anche la certificazione del titolo: il Toro Martinez è il simbolo dell'Inter, il suo giocatore più forte, il leader. E così, appena rientrato dall'Argentina, il campione del mondo Lautaro è pronto per rimettersi la squadra sulle spalle. Domani, il Napoli e oltre una difficile rimonta, che passa proprio dalla sfida di ripresa: guai a perderla o anche solo a non vincerla, che poi sarebbe più o meno la stessa cosa. Più leader di Lukaku, che se ne andò per soldi ed è tornato per ritrovarsi, finora senza riuscirci. Più indispensabile di Brozovic, che l'anno scorso sembrava insostituibile e questo invece no. Ha saltato metà della prima fase, ha giocato il Mondiale e ora che si ricomincia è di nuovo fermo. Prima un flessore, ora un polpaccio (il sinistro), Inzaghi spera di averlo per la Supercoppa col Milan (18 gennaio) ma sembra improbabile.

Il Toro Martinez invece c'è sempre: 15 partite su 15 in campionato (14 da titolare, 7 gol), 6 su 6 in Champions (5 da titolare, con 1 gol a Barcellona), solo Skriniar ha giocato quanto Lautaro, che ha stretto i denti quando non stava bene e a differenza di mezza Serie A, è rimasto in campo fino al 13 novembre, presentandosi in Qatar con una caviglia dolorante («ero a pezzi: ma non ho mai mollato, sapevo che l'Inter aveva bisogno di me, e io sono un duro»), che ha contribuito (insieme con i suoi errori di mira) a toglierlo di squadra. Entrato nel Mondiale come paggio prediletto di re Messi, ne è uscito da riserva, ma da campione del mondo. Decisivo, il suo rigore contro l'Olanda.

È che nell'Inter non c'è nessuno come lui e allora prima Conte e ora Inzaghi (nessuno ha giocato più minuti di lui nel 2022) lo vogliono in campo anche se infila quei tunnel senza gol che periodicamente fanno parte della sua storia in nerazzurro, anche 8 partite senza entrare nel tabellino. L'Argentina no, non poteva permetterselo, soprattutto in un Mondiale. Scaloni aveva alternative di valore come Julian Alvarez e allora il Toro è uscito dalla prima pagina, ma la sostanza, cioè il suo valore, resta enorme e senza pari in nerazzurro.

Il suo Qatar in 3 istantanee: «Quello che ci siamo detti con i compagni dopo la sconfitta con l'Arabia Saudita, la voglia di ripartire subito; poi il pareggio dell'Olanda dopo 10 minuti di recupero: lì è uscita la forza del gruppo e abbiamo vinto ai rigori; infine il tiro decisivo di Montiel, la realizzazione del sogno». E poi le feste e l'orgoglio, la storia e il mito. «Maradona è una leggenda, si sta godendo da lassù le nostre vittorie. Mi tatuerò la coppa, ovvio. Mia figlia mi ha cambiato la vita, da quando è nata ho vinto tanto e adesso voglio continuare a farlo con l'Inter. Mi sono emozionato quando mia figlia ha toccato la Coppa, è stato un momento speciale.

Come quando ho ricevuto il messaggio di complimenti di mia nonna, che sta attraversando un momento difficile». Il Toro è pronto a caricare, già dal Napoli. «Credo nella rimonta, dobbiamo ragionare come se la stagione cominciasse ora. Se l'allenatore vuole, io ci sono: pronto, da subito».

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