"Io e Paris, amici così diversi pronti per l'assalto Mondiale"

Lo sciatore azzurro parla di sè e del dominatore di Bormio: "Le lezioni del passato sono servite, ora mi sento più forte"

"Io e Paris, amici così diversi pronti per l'assalto Mondiale"

Ieri mattina Christof Innerhofer si è svegliato, ha guardato fuori dalla finestra e quando ha capito di essere a casa, a Gais, e non più a Bormio si è sentito un po' triste: «Peccato - mi sono detto - avrei voluto ci fosse un'altra gara!». Li guardi in televisione e pensi che scendere su due assi di legno a oltre centoventi all'ora sul ghiaccio sia roba da pazzi, ma per loro, i discesisti più forti del mondo, quella follia è quasi una droga. «Il termine droga è brutto, però rende l'idea. In realtà non è solo la gara a piacermi, ma tutto quello che ci sta attorno, compreso i tifosi che urlano e i giornalisti che fanno le interviste».

Per la doppietta sulla Stelvio Dominik Paris si è giovato delle sue informazioni arrivate in partenza: lei è proprio un chiacchierone!

«È vero, sono partito prima di lui sia in discesa che in superG e per radio gli ho chiarito dei dubbi. Non lo farei per tutti, ma per Domme sì, perché so che se capitasse il contrario lui farebbe lo stesso per me».

A Bormio oltre al podio della discesa avete diviso anche la camera in albergo.

«Se possibile preferiamo la singola, ma se capita, come a Bormio, non c'è problema a dormire assieme. Siamo molto diversi di carattere, ma siamo amici, se amicizia vuol dire onestà reciproca e sincerità. Parliamo soprattutto di cose tecniche e il confronto è sempre interessante».

Dominik è fra i tanti atleti del circuito cui un figlio a casa non ha tolto velocità in pista, anzi. Christof, il bello della compagnia, cosa aspetta per diventare papà?

«La cosa più importante, la donna giusta. E... (ci pensa parecchio prima di parlare) sa cosa? Io li invidio un po' gli atleti papà. Adoro i bambini, per fortuna a casa ne ho due, i figli di mia sorella, hanno 10 e 3 anni, stare con loro mi fa bene e sono felice anche quando mi chiedono di venire a dormire con me. Avere bambini attorno è un toccasana per l'umore».

Il 2018 passa in archivio, cosa lascia?

«Una gran ricchezza di esperienze. All'inizio è stato difficile, ma grazie a certe delusioni sono riuscito a chiuderlo bene. Quando hai una certa età è importante reagire, imparare dagli errori, migliorare, riuscire a far tesoro delle cose negative per trasformarle in positive. È stato un anno a due facce: la prima pensierosa e delusa, la seconda sorridente e felice».

Quanto è importante per uno sciatore che deve allenarsi otto mesi per gareggiare quattro chiudere bene l'inverno come successo a lei lo scorso marzo?

«È fondamentale per lavorare con tranquillità. Senza quel podio alle finali la mia estate sarebbe stata lunga il doppio, piena di pensieri e di dubbi. Credo che quel podio in superG a Åre sia stato più importante dei tre di questo inizio stagione».

A Åre, guarda un po', si disputeranno i Campionati del Mondo, dal 5 al 17 febbraio.

«Non ci penso, prima ci sono ancora tante gare importanti e cercherò di andare forte. Una stagione non è solo Mondiali, ma ovviamente ci vorrei arrivare con la condizione giusta, con pensieri e idee chiare. In Svezia troveremo una neve diversa da quella di Bormio e delle Alpi, sarà un po' come lo scorso febbraio in Corea, dove purtroppo non sono riuscito ad adattarmi come avrei dovuto al cambiamento di situazione. Spero che la lezione sia servita».

Sembra che avere una certa età dia solo vantaggi.

«Per me è così, primo perché non mi sento vecchio per niente, secondo perché non ho meno pelo o forza o resistenza o tecnica. Che è cambiata, ma io sono riuscito ad evolvermi. Se oggi in superG sciassi come nel 2011, quando ho vinto il titolo mondiale, faticherei a entrare nei primi dieci».

Cosa apprezza di Christof Innerhofer?

«Lo stile in pista, diverso da quello degli altri. Un giovane americano, Ryan Cochran Siegle, ha ironizzato su Instagram paragonandomi a un saltatore degli anni Cinquanta: divertente, ma anche sui salti sono migliorato. Credo non sia obbligatorio sciare seguendo uno standard fisso, braccia avanti e sedere in alto. Ricordo Bode Miller che sciava come nessuno eppure vinceva tanto, per me era un idolo!».

E cosa non apprezza di Christof Innerhofer?

«Vorrei avere dieci anni di meno per poter gareggiare ancora vent'anni e non solo otto!».

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