Dalla Juve alla Juve. Napoli, dopo cinque anni il cerchio si chiude

Il successo a Torino del 2018 illuse la truppa di Sarri, oggi è il risarcimento del titolo in tasca

Dalla Juve alla Juve. Napoli, dopo cinque anni il cerchio si chiude

Indimenticabile lo scudetto di Diego. Perché fu il primo. Arrivò dopo sessant'anni e quasi di soppiatto. A due giornate dalla fine del campionato, dopo un pareggio a Como e una sconfitta dell'Inter. Battendo la Fiorentina si scriveva la storia, invece bastò un altro pareggio e alla città fu sufficiente una settimana per colorarsi d'azzurro e indossare il vestito della festa. Che esplose all'improvviso, in una settimana appunto, nonostante un campionato di vertice e una generazione molto più scaramantica.

Trentatrè anni dopo è diverso. L'attesa è maggiore perché lo scudetto si sta annunciando da due mesi con vittorie e record senza precedenti: adesso è un conto alla rovescia, non una corsa a tappe. Napoli si sta preparando al grande giorno da settembre, da quando la giostra di Spalletti ha iniziato a centrifugare il campionato. De Laurentiis si sta gustando il sogno, il suo sogno. Diciannove anni fa prese il Napoli dalle ceneri del fallimento, chiese una deroga per il torneo di C perché aveva due giocatori, zero palloni e nessun campo dove allenarsi. Cominciò a disegnare un cerchio che nel 2018 sembrò finalmente chiudersi con la squadra spettacolare di Sarri. Vittoria in casa della Juventus, meno uno in classifica, i festeggiamenti a Capodichino, poi finì come è finita: un capolavoro rimasto incompiuto e quel manifesto della Grande bellezza scolpito nella notte di Torino.

Ci sono però altre notti che non si dimenticano. Notti di Coppe Italia, di Supercoppe, di Champions. Sembrano fatte apposta per restare svegli e festeggiare. E quando arrivano sai anche perché. Perchè è giunta l'ora di chiudere quel cerchio perfetto partorito dal pennello di Giotto. Arrivano e sai anche dove e in quale momento. 24 ore dopo lo stesso giorno, lo stesso mese, la stessa eterna rivale, la stessa ora, lo stesso minuto di gioco, lo stesso stadio, la stessa porta. È quello che accadrà dopo che non sarà più lo stesso. Koulibaly accese il sogno, sembrava fatta ma non era fatta perché gli alberghi di Firenze e di Milano cinque anni fa erano frequentati da troppi fantasmi.

Giacomo Raspadori non ha acceso il sogno, ma la festa, la lunga festa. Ha strappato il sottile velo di tristezza della Champions perché, diciamola tutta, la Coppa è sempre stata uno sfizio. La goduria del napoletano si chiama scudetto. Soprattutto se lo porti a casa dopo una vittoria sulla Juventus, a Torino, dopo aver dominato l'ennesima sfida, quasi un atto di giustizia divina sotto forma di Var, nel 2018 decisivo all'incontrario (caso Pjanic-Orsato). Se sarà scudetto contro la Salernitana, l'Udinese o la Fiorentina, allo stadio o dal divano, va bene tutto. Sarà quel che sarà. Il delirio dei diecimila la scorsa notte a Capodichino dice che la città più festaiola del mondo è pronta, sa quando e come festeggiare. In queste notti Napoli non dorme mai, la felicità è il sogno di chi sta sveglio.

Intanto però è arrivata la richiesta del comune di Napoli alla Lega di A: giocare in contemporanea il derby campano con la Salernitana (previsto per sabato alle 15) e Inter-Lazio domenica alle 12.

30, visto che la festa scudetto potrebbe scattare al fischio finale di quest'ultima sfida, con timori per l'ordine pubblico. Secco no da via Rosellini: diritti tv da preservare e il problema dell'anticipo della 33ª Udinese-Napoli, già fissato per martedì 2 maggio. Ma il tema resterà d'attualità nei prossimi giorni.

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