Konsel: "Noi cresciuti grazie... alla Red Bull"

Come in F1 ha lanciato giovani nel calcio. "Già scritta la storia, ora l'impresa"

Konsel: "Noi cresciuti grazie... alla Red Bull"

L'occasione della vita. L'Austria arriva alla sfida con l'Italia con la possibilità di diventare la grande sorpresa della competizione. Già, perché gli austriaci la storia l'hanno già scritta: mai, prima d'ora, erano riusciti a vincere una partita della fase finale degli Europei, figuriamoci a superare il primo turno. «Dobbiamo però ammettere che il nostro girone, con Ucraina e Macedonia, era abbordabile ha spiegato Michael Konsel, che in Serie A ha giocato dal 1997 al 2000 con la Roma e con il Venezia . Adesso contro l'Italia non abbiamo nulla da perdere. L'obiettivo era superare il girone e lo abbiamo fatto. Sappiamo di aver ottenuto il possibile, battere l'Italia sarebbe un'impresa, ma non è affatto improbabile. Siamo una bella squadra».

Quali sono i punti di forza dell'Austria?

«Abbiamo molta qualità dietro e a centrocampo. Inutile parlare di Alaba, che in carriera con il Bayern ha vinto tutto, ma accanto a lui ci sono giocatori come Hinteregger e Lainer che con Francoforte e Gladbach hanno fatto bene in campo internazionale. Segnarci non sarà facile. A centrocampo fra Sabitzer e Baumgartner abbiamo quantità e qualità. Forse ci manca qualcosina in attacco, a Arnautovic ha comunque esperienza».

Come si spiega la crescita del calcio austriaco?

«Ben 21 dei nostri calciatori giocano in Bundesliga, altri anche in Premier League. Molti di loro sono stati lanciati dalla Red Bull che, a Salisburgo prima e a Lipsia poi, sta attuando sistemi di lavoro molto innovativi, è brava a individuare il talento (stesso metodo viene seguito in F1 per il team, si pensi a Verstappen) e mettere poi i ragazzi nelle condizioni di formarsi al meglio. Avendo creato poi club competitivi anche in campo internazionale, i calciatori possono confrontarsi a grande livello, senza restare imprigionati in Austria. La Red Bull è criticata dai tifosi perché rappresenta una multinazionale, ha tanti soldi e poca storia. Ma fa il bene del nostro calcio».

Del lavoro di Mancini cosa pensa?

«Ha fatto benissimo, è evidente. Ma d'altronde lo ricordo come un calciatore molto intelligente. Purtroppo a Roma ha indossato la maglia sbagliata, nei derby era sempre pericoloso. Mi ha segnato più volte contro. Ma sto cercando di cancellare quei ricordi».

Dell'Italia chi teme?

«La squadra è molto unita e compatta, questo aiuta. Mi sembra che Immobile stia vivendo anni strepitosi. I numeri sono dalla sua. In Europa ce ne sono pochi come lui».

Ai Mondiali 1998 fu lei a sfidare l'Italia con l'Austria...

«Avremmo dovuto battere il Camerun, ma con Italia e Cile eravamo spacciati, troppa differenza. Finimmo con 2 punti quel girone, forse qualcosina in più l'avremmo potuta ottenere. Rispetto a quel torneo l'Italia forse ha perso un po' di fantasia. All'epoca c'erano giocatori come Baggio e Del Piero. Ma credo che sia un problema mondiale».

Della sua esperienza italiana cosa ricorda?

«Roma è una piazza piena di passione. I romanisti mi accolsero con grande affetto benché non mi conoscessero. Una volta, qualche mese fa, sono entrato senza accorgermi con la macchina nella zona pedonale. Mi ha fermato la polizia. Mi aspettavo una multa, ma il poliziotto, controllata la targa, mi ha fermato solo per chiedermi un autografo.

E quando feci la mia partita d'addio alcuni giocatori come Totti, Candela e Cafu, non facendo in tempo a venire con voli di linea, vennero con quelli privati. Mi fecero anche la sorpresa di portare alla festa Venditti che mi cantò "Grazie Miki". Sono molto legato a Roma e all'Italia».

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