L'ultimo salto dell'altro D'Inzeo

Tre mesi dopo Raimondo se n'è andato a 90 anni il fratello Piero, gentiluomo dell'equitazione

L'ultimo salto dell'altro D'Inzeo

Erano i fratelli dell'equitazione italiana, plurimedagliati a cinque cerchi, se ne sono andati per sempre, a meno di 3 mesi di distanza. Ieri è scomparso il romano Piero D'Inzeo, aveva 90 anni, era il maggiore e tuttavia meno decorato, con 2 argenti e 4 bronzi olimpici, contro l'oro, due argenti e 3 bronzi di Raimondo, scomparso il 15 novembre scorso a 88 anni e omaggiato al funerale dal fratello più anziano; anche per Piero il Coni apre la camera ardente, al Foro Italico. Parteciparono a 8 edizioni dei Giochi, un record, seguendo i consigli del padre Costante, sottufficiale dell'esercito: Piero divenne ufficiale di cavalleria e poi generale. Raimondo alle briglie era aggressivo, Piero più tecnico e nel 1946 debuttò a Piazza di Siena, concorso vinto 7 volte, altro record.
Si affacciarono assieme alle Olimpiadi di Londra '48, ressero sino a Montreal '76, a 50 anni suonati, non poterono andare a Mosca per il divieto del governo agli atleti militari. Nella prima avventura Piero cavalcava Briacone, raggiunse il podio a Melbourne '56, bronzo in sella a Uruguay e argento a squadre. Era elegante, quasi aristocratico, toccò l'apice a Roma 1960, con l'argento nella gara a ostacoli su The Rock: «Il miglior cavallo che abbia montato». Finì alle spalle proprio del Posillipo di Raimondo e quel giorno entrarono nella leggenda: per decenni furono i fratelli più popolari dello sport italiano, soppiantati negli anni '80 solo dagli Abbagnale del canottaggio. A Tokyo 1964 Piero fu bronzo a squadre, si ripetè in Messico (con Fidux) e a Monaco '72. Agli Europei si aggiudicò un oro, due argenti e un bronzo.

Era affezionato agli esemplari più anziani, come Fiano, con cui aveva debuttato prima della guerra. Nell'equitazione moderna non si riconosceva: «I proprietari devono privilegiare la crescita dei cavalli, non essere agenti di commercio». Fine di un'epoca.

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