Milan, acquisti sostenibili e niente ricatti dagli agenti

Un trionfo innescato dal circolo virtuoso scelto dal club e primo titolo vinto da un fondo e... dagli americani

Milan, acquisti sostenibili e niente ricatti dagli agenti

La prima pietra del nuovo Milan tricolore, e non sembri un paradosso, ha una data infelice per il Milan di Elliott e della coppia da pochi mesi insediata Boban-Maldini: 22 dicembre 2019. Coincise con la brutale e umiliante sconfitta di fine anno a Bergamo (5 sganassoni dall'Atalanta di Gasperini che saltellava felice davanti alla sua panchina). Archiviata la stagione illusoria di Leonardo (le sue spese folli: Piatek e Paqueta costati 75 milioni, ndr), e passata l'area tecnica a Boban-Maldini, liquidato il tecnico dell'estate precedente Giampaolo, messo in sella Stefano Pioli, il futuro sembrava ancora più scuro e deprimente. E invece fu proprio quel punto, il più basso della storia rossonera, a segnare l'inizio della risalita. Perché nel mese di gennaio 2020 arrivarono dal mercato di riparazione Ibrahimovic e Simon Kjaer, uno stagionato fuoriclasse considerato «non alla frutta ma alla ricevuta fiscale» dai soliti sapientoni di casa nostra e un difensore di terzo pelo che l'Atalanta sbrigativamente aveva provveduto a disfarsi non ritenendolo compatibile con le scelte di Gasperini. Da allora è scoccata la prima scintilla nel buio pesto di Milanello.

La seconda pietra è stata messa da Gazidis quando ha capito che le interviste di quel chiacchierone di Ragnick candidato a subentrare a Pioli stesso contro il consenso di Paolo Maldini stavano demolendo l'inizio della costruzione. Ha congedato il tedesco e puntato deciso sulla riconferma di staff e area tecnica. È stata la svolta. Perché da quel giorno, altra data da segnare sul calendario della ricostruzione, 22 luglio 2020, il Milan vince a Reggio Emilia con il Sassuolo (due gol di Ibra), firma il rinnovo con il tecnico in carica e apre di fatto il nuovo ciclo che si concluderà con il secondo posto centrato all'ultimo assalto con l'Atalanta (questa volta a Bergamo) e la Champions ritrovata al culmine di 7 anni di sofferenza autentica e lontananza malinconica.

Nel frattempo è accaduto qualcosa di veramente rivoluzionario per i costumi e le abitudini del calcio italiano, abituato a viaggiare tra montagne di debiti e stipendi da nababbi: il Milan ha avuto il coraggio, un coraggio tale da sfiorare la lucida follia, di rinunciare a due suoi esponenti, uno cresciuto addirittura nel vivaio, Donnarumma, e l'altro, Calhanoglu arrivato nel periodo del tandem Fassone-Mirabelli, per motivi esclusivamente economici cercando altrove soluzioni alternative. Ecco la terza e ultima pietra del nuovo Milan: lo scouting. Solo una divisione di ricerca documentata e preparata poteva individuare, in tempi non sospetti, nel francese Mike Maignan il successore di Donnarumma che non solo non ha fatto rimpiangere Gigio ma addirittura ha migliorato la perfomance di tutto il reparto difensivo. Nel caso del turco, poi, non c'è stato nessun sostituto. E Pioli si è dovuto arrangiare come sanno fare i bravi artigiani quando devono riparare qualche strumento inventando prima Diaz trequartista, poi puntando su Kessiè, infine trovando una soluzione diversa per ciascun rivale da affrontare. Può sembrare un dettaglio ma questo strepitoso risultato tecnico è arrivato in coincidenza con un altro dato che non può e non deve passare inosservato: e cioè con il risanamento completo ed effettivo dei conti del club e con il dimezzamento annuale del deficit mostruoso di partenza. Quest'ultimo traguardo centrato dimostra che è possibile un calcio sostenibile se guidato però da alcuni concetti chiave.

Tra questi il primo in cima alla lista c'è quello di non lasciarsi strozzare dalle richieste assurde di calciatori e dagli appetiti dei loro agenti. Il Milan, sul punto, può esibire, un paio di primati significativi: è il terzo club quanto a commissioni pagate dietro Juve e Inter (la metà addirittura) ed è dietro anche il Napoli (96 milioni) nel monte-stipendi.

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