Nel calcio italiano, in fondo al tunnel dell'orribile 2020, c'è un bel faro piazzato sul futuro. Non bisogna essere veggenti per intuirne l'identità: è il magnifico Milan di Pioli e Maldini, di Ibra e dei suoi seguaci, che hanno chiuso la frazione del torneo da imbattuti, unico team tra i 5 tornei top d'Europa e con quel record di gol (da 16 sfide consecutive ne segnano almeno due) che brilla al cospetto del passato recente scandito da un attacco inconsistente (da Kalinic fino a Piatek). Per redigere il bilancio straordinario di questo Milan c'è bisogno di colmare anche qualche lacuna e/o dimenticanza. Per esempio Gazidis dovrà ammettere, magari in privato se non proprio in pubblico, che il merito dell'operazione Ibra va iscritto a Zvone Boban, uscito in modo traumatico dal club per difendere quello che poi è stato creato, e cioè Pioli e il suo prezioso lavoro dall'assalto del tedesco Rangnick. Proprio quel divorzio, con la successiva correzione di rotta effettuata anche nei confronti di Paolo Maldini e del suo collaboratore Massara, è l'origine del clima di operosa unità degno del Milan d'antan che si può respirare oggi a Milanello.
Altra riflessione: la durata di Elliott alla guida del club. Con i numeri attuali (ultimo bilancio chiuso con meno 195 milioni), per risanare, rilucidare gli argenti di casa e incassare il prezzo preventivato (1 miliardo dixit Scaroni), ci vorrà del tempo, molto tempo, almeno dieci anni dando per scontati due obiettivi nel frattempo centrati: il nuovo stadio (3 anni nella migliore delle ipotesi) e la partecipazione alla Champions almeno per 5-6 anni. Perciò il treno che sta passando in questi mesi dev'essere potenziato nel motore e arricchito con qualche vagone in più perché il viaggio duri fino in fondo alla stagione, tra le più faticose di sempre per via dei tempi ristretti e del calendario intasato. Dice Gazidis a proposito del prossimo mercato: «Ci devono essere scelte coerenti». Più didascalico è Pioli quando sostiene che «va preservato il clima attuale» nel quale inserire le pedine richiede una mano felice.
A disposizione c'è un tesoretto poiché il bilancio del mercato estivo non è stato pesante: 21,7 milioni spesi con una riduzione sostanziosa del monte stipendi (90 milioni), tra i più bassi rispetto ai concorrenti più accreditati. A gennaio del 2020, tanto per rinfrescare la memoria collettiva, non arrivarono Didì, Vavà e Pelè ma Ibra, Kjaer (nello scambio con Caldara) e Saelemaekers che dopo qualche mese di addestramento è diventato una pedina utile all'equilibrio tattico del Milan. I rinforzi che servono alla causa sono quelli noti. In difesa, innanzitutto dove grazie all'emergenza, abbiamo scoperto che Kalulu, arrivato come difensore laterale dotato di velocità, può anche travestirsi da centrale, certo affinando attenzione e dedizione nella marcatura, tradita sia a Genova (di testa) che con la Lazio (Immobile autore del secondo gol). Qui le impronte lasciate dallo scooting rossonero portano in Francia, allo Strasburgo, a Simakan, classe 2000, 192 centimetri (e serve uno forte di testa in quella difesa che ha preso tanti gol su palla inattiva), già trattato in estate (offerti 15 milioni). L'esigenza maggiore però è a centrocampo dove un quarto specialista da schierare al fianco di Kessiè, Bennacer e Tonali è indispensabile: Krunic ha un altro ruolo e le difficoltà segnalate nel duello con Luis Alberto sono state vistose.
Non basta inseguire le opportunità, come va di moda sostenere oggi. Bisogna arrivare al prossimo appuntamento con idee precise, assegno in bocca (in un clima di generale crisi economica) e piglio deciso per chiudere le trattative.
Perché gennaio ha una sequenza micidiale (7 partite tra A e coppa Italia in 27 giorni) tenendo conto delle notizie che arrivano dall'infermeria. Ibra andrà più cauto stavolta (si ipotizza Cagliari, 18 gennaio), Bennacer più o meno avrà bisogno dello stesso periodo, solo Kjaer è destinato al rientro tra Benevento (3 gennaio) e Juve (6 gennaio in campo).
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