Si presentò a Milano negli stessi giorni di Antonio Conte neo-interista accolto dalla fanfara di gigantesche aspettative. E per distinguersi subito Marco Giampaolo rovesciò il motto esibito dal tecnico pugliese («testa bassa e pedalare») segnalando al contrario la propria identità tecnica («testa alta e giochiamo a calcio»). «Mi sono meritato di essere qui» aggiunse come a sottolineare la soddisfazione del grande salto vissuto come un premio alla carriera. Marco Giampaolo, abruzzese di Giulianova, già in passato sondato da Adriano Galliani per via dell'eccellente lavoro svolto all'Empoli, arrivò a Milanello con la fama del maestro e la voglia di trascinare quella squadra, nel frattempo passata dalla coppia Leonardo-Maldini a Boban-Maldini, sulle rive del bel gioco. Partì col piede sbagliato (sconfitta al debutto a Udine), non ebbe molto tempo a disposizione: dopo 112 giorni la sua carriera in rossonero si concluse con l'esonero. Boban, artefice principale di quella scelta, non si nascose. «È una sconfitta per tutti» ammise seduto al fianco di Stefano Pioli.
Domenica sera Marco Giampaolo arriva a San Siro alla guida della Samp, meritoriamente guidata alla salvezza con due turni di anticipo e con poca voglia di sfogliare l'album dei ricordi. Verrebbe esibire le sue ragioni, i suoi rimpianti. Ha preferito volare oltre la barriera del risentimento.
Giampaolo, che esperienza è stata quella con il Milan?
«A dire il vero non fa parte dell'attualità. Il mio rapporto con il Milan non c'entra nulla con il presente, ora sono alla Samp e il Milan fa la sua parte che è poi quella del Milan. Comunque non è stata una opportunità perché sono stato talmente poco da far disperdere il valore dell'opportunità».
In questi giorni ci sono tutti i riflettori puntati sul Sassuolo che deve affrontare il Milan in casa e quasi buio assoluto sulla Samp attesa dall'Inter come se fosse scontato l'esito della sfida di San Siro...
«Negli ultimi anni c'è stato un salto di qualità del calcio italiano documentato per esempio dall'ultima giornata di campionato, la numero 37. Il Venezia, già retrocesso, fa un punto a Roma, noi della Samp, pur salvi, siamo riusciti a vincere con la Fiorentina che si giocava l'Europa. E comunque risultati di questo genere ce ne sono stati tanti».
Verissimo: solo che nel frattempo media e social continuano a discutere con la testa alle sfide del passato...
«Se poniamo sempre l'attenzione su dinamiche vecchie di 10 o 20 anni fa, non facciamo altro che alimentarle.
Negli ultimi anni e oggi il campionato italiano dimostra che le squadre si giocano le partite e poi, probabilmente la più forte vince in percentuale rispetto all'altra. Ma di scontato non c'è nulla e soprattutto fare brutte figure non piace a nessuno, le partite si giocano. L'Inghilterra, da questo punto di vista, ci insegna molto».
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