Mino, il calcio come missione con il coraggio di non piacere

Carmine all'anagrafe, è morto ieri dopo una vita di solitudine attorniato dalla voracità del pallone... in jeans e maglietta

Mino, il calcio come missione con il coraggio di non piacere

È resuscitato due volte, quindi ha già battuto e stabilito un nuovo record. Alla terza non ce l'ha fatta dopo un'esistenza perigliosa dove ha fatto poco per risultare simpatico agli altri. Un riconoscimento che spetta di diritto solo a quelli che dicono quello che pensano e non stanno lì a pesare cognome e rango.

E del resto lui non ha mai sofferto i giudizi, con qualche slancio di autostima, ma alla fine ha pur sempre parlato di sport, il suo lavoro, anche quando ha affrontato altri percorsi, convinto che il calcio sia lo specchio della società, quindi una missione. E ha sparato a zero anche su di lui, campano di Nocera inferiore: In Italia dovrei fare il procuratore dei politici, con quelli che passano da destra a sinistra e viceversa ci farei i miliardi. Quando andavo a scuola in Olanda ci insegnavano che la politica non è una carriera ma è un servizio che rendi al tuo Paese, ti fai uno o due mandati e poi torni a fare il tuo lavoro. Cioè, ti immagini avere una legge così qui in Italia? E invece abbiamo il politico professionale e anche il figlio del politico professionale.

Con la Fifa, la più grande organizzazione mondiale del calcio, non ha mai filato: Non sono il loro tassista, mi fa schifo, ha un buon numero di dirigenti in prigione e non li ha mai sospesi, ha la stessa struttura e forma di una mafia. Con calciatori e allenatori si è messo spesso di traverso, soprattutto con i miti: Quando Guardiola ha detto che Ibrahimovic non era adatto al calcio spagnolo ho pensato che avrebbe dovuto entrare in un ospedale psichiatrico, perché non l'ha detto prima di comprarlo? Non se ne intende? Non toccategli i suoi assistiti, errore gravissimo: Prima di decidere un trasferimento io vado nella nuova società e cerco di capire come si muove, che idee ha, i suoi progetti, è facile far firmare un contratto a uno dei miei giocatori, sono tutti al top, ma è più difficile consigliarli bene per il loro futuro, se li mando in una società in declino totale che faccio, mi sparo? Per poter fare la differenza occorre avere sempre una visione globale, altrimenti sei uno come un altro.

Pogba come Salvator Dalì, Zlatan Ibrahimovic è Brad Pitt, Gigio Donnarumma lo ha paragonato a Modigliani, telefonate di Mario Balotelli, anche dieci volte al giorno e lui sempre lì ad ascoltarlo con la calma di una eminenza. È diventato l'imprenditore di se stesso acquistando una catena di fast food e poi aprendo la sua prima società di intermediazione, oggi una scuderia di 170 calciatori e una azienda con sede a Malta in un palazzetto d'epoca a due passi dal porto e da La Valletta. Che poi forse lì la Three Sport neanche esiste, quello è solo un domicilio fiscale, c'è un citofono che squilla a vuoto, chiedi di lui e ti rispondono che oggi non c'è e se t'informi se ogni tanto si fa vedere ti dicono che non vogliono interviste, su un'isola di cinquecentomila abitanti e centomila società. Però lui lì ha la residenza, per la verità anche a Montecarlo. Ci fai sopra una bella inchiesta? Vai a frugare sui suoi conto corrente per trovare la furbata? Più mi mettete i bastoni fra le ruote, più mi diverto. Il mio conto corrente? Mai guardato in vita mia. Odio le banche. La mia azienda non e mai stata finanziata dalle banche, è sempre stata finanziata dal mio lavoro e dai miei investimenti. Ho un fiscalista che si occupa di tutte queste cose e il direttore sa che io lì, in banca, non ci voglio nemmeno entrare. Sono furbo? No, io sono un supercapitalista. Il supercapitalista che ha capito qualcosa vuole tutti più ricchi. E io sono così. Voglio che diventino tutti ricchi nel calcio, così posso offrire grandi contratti a grandi giocatori, il sistema diventa più ricco, diritti tv più ricchi, tutti più ricchi.

Il suo mondo meraviglioso in una logica tutta sua o magari misteriosa, come tutto nella sua vita è stato misterioso. Del privato si è sempre saputo ben poco, lui e la signora Roberta si sono conosciuti fuori Foggia quasi trent'anni fa, zero foto, neanche dei due figli si sa molto. Il signor Carmine è sempre stato così, protezione totale e assoluta della famiglia, dei suoi calciatori e degli amici, pochi.

Cinquantaquattro anni di solitudine attorniato dalla voracità del calcio.

Ci sono due modi per stare seduti a tavola, uno è quello giusto, l'altro è quello sbagliato. Ah no, c'è chi preferisce stare in piedi e farsi una salamella in jeans maglietta e scarpe da jogging, ma probabilmente per l'occasione gli hanno infilato giacca e cravatta. A sua insaputa.

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