In un mondiale di Formula 1 ormai al suo 66° traguardo, non fa più notizia la battaglia finale, proprio all'ultimo gran premio, per la conquista del titolo. Io stesso, avendoli vissuti tutti quanti, fatico a mettere ordine nella memoria. Fra l'altro, il primo campionato del 1950 fu vinto a Monza dall'indimenticato Nino Farina per soli tre punti su un Manuel Fangio colpito da una avaria al cambio. Perfino Michael Schumacher, con i suoi sette titoli, ha potuto imporsi anche per un sol punticino, nel 1994. Altri hanno vinto per mezzo punto, come Niki Lauda, al rientro del 1984, contro il suo compagno di marca di allora, Alain Prost, alla McLaren, in un memorabile Gp del Portogallo.
Ecco, allora, che anche l'ultima peculiarità del mondiale 2016, domenica ad Abu Dhabi, con il duello tra due piloti della stessa squadra, Hamilton e Rosberg, trova i suoi antefatti. Ma, sotto questo profilo, non c'è stato, nell'intera storia del mondiale, che un unico episodio ultra-clamoroso e tale da toccare i vertici dello scalpore: quello del famoso Gp del Giappone del 1989 a Suzuka, penultima ma decisiva prova del mondiale, con Senna e Prost sulle McLaren e con il francese che ha risolto l'asperrimo confronto portando il grande Ayrton alla collisione, nella traditrice chicane triangolare dell'ultimo giro, per lasciare tutti i favori al proprio cumulo di punti. Non per nulla, Prost era soprannominato il professore. Estrema finezza da fiorettista e ragionamento accorto. Non uno scontro da butta-fuori per risolvere una partita, quando si é al comando in classifica, ma una manovra tale da rendere impossibile che sia l'avversario a poter evitare la collisione. E ricordo sempre quel gesto di Alain al bordo pista, appena sceso di macchina, con le braccia allargate e una strana smorfia in viso, all'avvicinarsi di un Ayrton mai visto così infuriato.
Vecchie memorie di tempi eroici, se confrontati con le vicende attuali. Eppure adesso Hamilton si è precipitato a dire che né lui né Rosberg faranno mai una gara sporca! E poi, che c'è di male ad arrivare terzi? Tranquillamente, con una macchina superiore.
Oggi basta un ritocchino a una mappatura o un piccolo coefficiente inserito nella robotizzazione della partenza per ottenere quel che si desidera, in regime di ordini di scuderia vietati. Proprio la spiegazione che larvatamente lo stesso Hamilton dà alla sua posizione nel momento culminante.
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