Cosa hanno in comune Napoli, Milan e Lazio? Al netto dei recenti risultati non esaltanti, c'è un tratto dell'organizzazione societaria che li accomuna e certifica la tendenza a fare a meno di alcune figure calcistiche.
AdL, dopo l'addio a Giuntoli con tanto di livoroso commiato («mai saputo fosse juventino altrimenti l'avrei liquidato prima!») l'ha sostituito con una figura di secondo piano (il ds Meluso) convinto di poter fare tutto da solo anche il secondo mestiere dopo quello - con virtuosi risultati - di capo azienda. Idem a Milanello dove la partenza della M2 Maldini-Massara non è stata di fatto rimpiazzata tanto che il ruolo scoperto ha convinto Gerry Cardinale a richiamare Ibrahimovic affidandogli l'incarico di consulente Redbird per non compromettere delicati rapporti con Furlani. Identico scenario nella Lazio dove Lotito si è comportato copia e incolla dopo la partenza di Tare (litigio con Sarri): promozione di Fabiani dal settore giovanile. Ai tempi, Josè Mourinho firmò una frase di questo tipo: «chi sa solo di calcio non sa niente di calcio».
Alla luce di questi tre indizi, si può correggere quella dichiarazione così: «chi pensa di sapere tutto anche di calcio non sa niente di calcio». In alcuni tornanti della stagione, quando qualche rovescio può provocare fibrillazioni se non scosse telluriche dentro lo spogliatoio, la presenza di competenza ed esperienza calcistica può svolgere un ruolo fondamentale. Se Garcia, ad esempio, avesse voluto scambiare opinioni e idee con qualcuno dello staff, a chi poteva rivolgersi?
Lo stesso dicasi per Stefano Pioli.
Forse solo Sarri, poco incline all'auto-critica, si sarebbe ben guardato dal chiedere un parere a chicchesia. E allora la conclusione è una sola: non si possono gestire bilanci da centinaia di milioni trascurando questo tipo di risorsa che può persino contribuire a risparmiare stipendi ed evitare errori.
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