Oppo e Soares, una barca con un carico di... argento

Il tandem azzurro supera al fotofinish la Grecia nell'ultima gara della storia di questa specialità

Oppo e Soares, una barca con un carico di... argento
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Doppio leggero, argento pesante. Anzi pesantissimo. Arriva un'altra gioia per il canottaggio azzurro ai Giochi Olimpici. Stefano Oppo e Gabriel Soares conquistano la piazza d'onore nel doppio pesi leggeri, specialità che non sarà nel programma di Los Angeles, e regalano allo sport dei remi la seconda medaglia a Parigi dopo l'altro argento vinto due giorni prima dal quattro di coppia.

Mostrano i muscoli e fanno festa gli azzurri, per non aver ceduto al dolore quando braccia e gamba diventavano di piombo e per aver raccolto obiettivamente il massimo: ovvero un secondo posto dietro l'Irlanda, che rivince ai Giochi come tre anni fa, quando invece l'Italia si piazzò terza con lo stesso Oppo e Pietro Ruta. «L'ho detto agli irlandesi: vi va bene che non ci sono più i pesi leggeri, altrimenti a Los Angeles avremmo vinto», scherza Stefano, ma fino a un certo punto, salito di due posizioni dopo il quarto posto di Rio e il bronzo di Tokyo nella barca «leggera», quella per cui il peso medio fra i due canottieri dell'equipaggio non deve essere superiore ai 70 kg. «Noi - continua il sardo Oppo, tifoso nerazzurro e di Barella - avevamo occhi solo per i nostri vicini di corsia. Volevamo l'oro ed eravamo convinti di poter mantenere la nostra posizione. Ci sembrava di avere più di un decimo sulla Grecia che siamo riusciti a tenere dietro al fotofinish. L'emozione e il brivido del rush finale l'avete vissuta più voi dagli spalti, noi eravamo convintissimi di tenerli dietro e ci siamo riusciti, conquistando uno splendido argento».

Se l'oristanese Stefano è il veterano del binomio tricolore, visti i suoi 29 anni, ed era alla terza Olimpiade, al contrario Gabriel Soares a 27 anni esordiva ai Giochi. E non poteva augurarsi un debutto migliore. Nato in Brasile, Gabriel è sbarcato poi a dieci anni sulle rive del Lago di Como. «Sono nato a Iguaçu, ma quando mia madre si è separata siamo arrivati a Bellagio. Abbiamo cercato una strada migliore ripartendo da zero. Per questo la medaglia è per lei, mia mamma Silvana, che ha sempre creduto in me e mi ha sempre sostituto. È riuscita a venire qui a Parigi ed era sugli spalti».

Nella sua terra natìa, a Iguaçu ci sono le cascate che sono una delle sette meraviglie del mondo. Eppure Soares non ha dubbi su quale luogo scegliere fra il Brasile e l'Italia: «Iguaçu è un posto magico, ma l'Italia è il posto del cuore. Amo il mio paese, la Bellagio in cui sono cresciuto e anche il varesotto dove vivo adesso». La Bellagio in cui quando sei giovane hai due scelte: o fai il calciatore o il canottiere. «Ho scelto canottaggio.

Lì sono cresciuti tanti campioni e mi sono detto: perché non io? Voglio cercare di diventare campione e di cambiare la mia vita. E così è stato».

Adesso dopo questa medaglia il campione Soares è diventato un esempio per molti giovani. «Andrei nelle scuole volentieri. Mi piacerebbe tanto portare tanti ragazzi a fare questo fantastico sport».

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