La partita che iniziò a maggio e finì a giugno

In scena un calcio illogico ormai violentato dai burocrati del regolamento

La partita che iniziò a maggio e finì a giugno
00:00 00:00

Ci volevano Taylor e Collina per questa storia incredibile. Ci voleva la genialità ridicola di chi ha stravolto la logica del football, prolungando partite che, in altra epoca, sarebbero durato il tempo della logica, dello sport, del rispetto dell'atleta. Centoquarantasei minuti è durata Siviglia-Roma, incominciata di mercoledì e conclusa di giovedì, da maggio a giugno, un record imbattibile sempre che la Fifa non voglia ancora di più cambiare gli orari del gioco, senza alcuna tutela della salute dei calciatori. Anthony Taylor ha applicato il regolamento, ribadendo le abitudini lanciate nel mondiale in Qatar, il cronometro al posto del cervello, un modo ottuso di leggere questo sport di tensioni, emozioni, sofferenze, già strozzate dal var, un football interruptus che tanto piace a chi lo governa senza conoscere appieno lo stato vero dell'essere, dunque il gioco. L'isteria degli attori, in campo e a bordo dello stesso, le sceneggiate continue, tra lamenti e infortuni, hanno trasformato la commedia in farsa poi in tragedia, il mondo, non soltanto l'Europa, ha potuto assistere ad un mediocre spettacolo di qualità tecnica e a un epilogo straziante che, come da sempre, nulla ha a che fare con lo spirito del football, i calci di rigore, definiti una lotteria perché il caso non rispetta il censo, un tiro sbilenco, una parata prodigiosa e tutto il resto svanisce nell'aria umida di Budapest, di Roma, di Berlino, di Pasadena, tappe lontane tra loro ma vicine per la soluzione finale.

Mercoledì sera si è andati oltre, la logica è stata violentata dai burocrati del regolamento, i prolungamenti, che per l'appunto gli inglesi chiamano extra time fuori dal tempo, hanno alimentato le emozioni, drogato le prestazioni, arrivando all'assurdo teatrale della ripetizione del rigore decisivo, sale sulla ferita aperta dei romanisti e zucchero per la bocca beffarda del popolo andaluso. Non è così che si vincono le finali ma è proprio così che devono finire le partite da quando l'Uefa scelse di non ripetere più incontri fissati dal pareggio (Atletico Madrid-Bayern, 1 a 1, 15 maggio del 1974, bis il 17 maggio, 4 a 0 per i tedeschi) ma di ricorrere ai rigori. Ripeto, a Budapest la lotteria si è trasformata nell'albero della cuccagna arbitrale, il pallone lo portano loro, il fischietto e le bandierine anche, dunque comandano, decidono, ammoniscono, espellono, con quell'espressione che nemmeno i giudici di Norimberga osavano. È finita dunque, memoria di una notte che non faceva mai giorno, sarebbe piaciuta a Osvaldo Soriano e al suo rigore più lungo della storia.

Quello era un romanzo sudamericano e argentino come oggi Gonzalo Ariel Montiel, detto El Bombero, l'uomo che segnò il rigore decisivo mondiale in Qatar, il pompiere che ha spento le fiamme della Roma, sempre calciando il pallone da quel piccolo cerchio bianco. Era passata la mezzanotte, incominciava un altro giorno. La partita era sempre la stessa.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica