Benvenuti a casa Kallon, in una Freetown che non sembra più la città-spettro dei "Blood Diamond" da quando l'ex presidente Charles Taylor è stato giudicato colpevole dal tribunale dell'Aja. Il diamante più luminoso ora è Mohammed Kallon, 33 anni (ma forse qualcuno in più) che in Sierra Leone ha messo in piedi il suo piccolo impero. Nel 2002 ha rilevato e rifondato una squadra di calcio, che ora si chiama Kallon. Lui è il presidente, il fratello Kemokai l'allenatore che ogni tanto concede all'ex interista di scendere in campo dopo l'ultima stagione trascorsa in Cina. Kallon però non si accontenta e vuole di più. Dal 4 agosto diventerà anche presidente della federcalcio. Con un sogno: «Qualificare la Sierra Leone ai mondiali del 2018 in Russia».
Per il Brasile non c'è più speranza?
«Persino Capo Verde ha fatto meglio di noi. È assurdo, perché sotto il profilo tecnico abbiamo davvero pochi rivali nel continente nero».
Guiderà la federazione per spirito patriottico o si considera davvero il più bravo?
«Guardate il mio curriculum. Non c'è nessun altro in Sierra Leone che può vantare la stessa esperienza nel calcio. So come rimettere a posto le cose. La squadra che ho fondato funziona come quelle europee. Migliorerò il movimento sportivo del mio paese».
Sembrano davvero ottimi propositi, ma in Africa corruzione e disorganizzazione finiscono spesso per travolgere tutto.
«Porterò con me gente onesta e farò in modo che non ci siano interferenze con il mondo politico. E poi c'è l'esempio di un caro amico, Kalusha Bwalya. Lui ha rivoluzionato lo Zambia e da presidente ha vinto anche una Coppa d'Africa».
Dal 4 agosto dovrà quindi rimboccarsi le maniche. Continuerà a giocare a pallone o la vedremo soltanto dietro alla scrivania?
«Non credo sia più il caso di giocare, non avrò molto tempo a disposizione e se lo farò sarà semplicemente per hobby».
FC Kallon non è solo una squadra di calcio, ma un progetto ad ampio respiro.
«È un modo per restituire al mio Paese quello che ha fatto per me. Ci prendiamo cura delle giovani promesse, ma soprattutto li allontaniamo dalla strada e dalla povertà. Un tempo anche dalla guerra. Per fortuna gli anni dei bambini-soldato sono distanti. Qualcuno si è salvato grazie al calcio e di questo non posso fare altro che ringraziare Allah».
Fino ad ora abbiamo parlato solo di Africa. E l'Europa?
«Vivete a velocità folle, noi abbiamo i nostri ritmi. Ho avuto il privilegio di giocare in una delle squadre più prestigiose al mondo come l'Inter. Ma ci vuole tanta umiltà. Io rimanevo in silenzio e ascoltavo i compagni più anziani come Zanetti, Materazzi e Crespo, e rispettavo gli allenatori. Oggi sembra che tutto stia andando a rotoli. Colpa dei soldi».
Ne girano davvero così tanti secondo lei?
«Un mare. Io non posso lamentarmi. Ho guadagnato bene. Però li ho utilizzati per investire nel mio paese e sostenere anche la crescita sportiva».
Denaro a parte, del calcio attuale che cosa pensa?
«Sempre più fisico, la tecnica viene soffocata. Lo dice uno che nella sua vita ha avuto la fortuna di giocare con il più grande calciatore al mondo, Ronaldo. Difficilmente ne nascerà un altro come lui».
Lo giudica addirittura più forte di Messi?
«Leo fa parte di un'altra tipologia di atleta e anche se sono trascorsi pochi anni le loro sono epoche piuttosto differenti».
Il tempo passa, ma certe vecchie abitudini non cambiano mai. Ha seguito la vicenda Constant?
«L'ho letta sui giornali. Che cosa vuole che le dica? La stupidità è difficile da estirpare.
Kevin ha fatto bene, così come a suo tempo Boateng. Però è il caso che questi gesti non rimangano isolati alle partite amichevoli. E un discorso che deve riguardare anche gli arbitri e gli allenatori. Al primo ululato tutti a casa».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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