Iseo - Pensano che alla fine possa smarrire la strada, ma non sanno che Pollicino, al secolo Domenico Pozzovivo, in gruppo è conosciuto per essere corridore esperto e attento. Fino a qualche anno fa lo chiamavano dom dom, a ricordare il noto navigatore satellitare, proprio perché il piccolo scalatore lucano non smarrisce mai la strada maestra. Lui sa sempre dove arrivare e come fare per arrivarci.
Pollicino è qui al Giro come vice-Nibali, il capitano della Bahrain Merida che correrà il Tour e avrà il 35enne corridore di Montalbano Jonico al proprio fianco sulle strade di Francia. «Domenico è un professionista esemplare ci ha sempre raccontato il campione siciliano -: poche parole, ma tanti fatti. Non è un personaggio? Fino a prova contraria un corridore deve saper andare forte in bicicletta. Il resto sono solo chiacchiere».
È vero, Domenico parla poco, anche se a domanda risponde sempre con cognizione di causa. È tipo riservato e mite, per certi versi anche timido, ma se c'è da dire come la pensa, non ha mai avuto problemi. «Lo so, sono in tanti a sostenere che alla fine io cederò nella terza e ultima settimana, ma si sbagliano».
Pollicino scruta la classifica, e butta un occhio sul Garibaldi, il grande libro di viaggio del Giro, nel quale sono segnate tutte le tappe, con tanto di altimetrie. A preoccuparlo è un gigante del ciclismo: Chris Froome, lì ad un passo. A soli 39.
«Era normale che Chris guadagnasse qualcosa su di me nella crono spiega -, ma adesso ci saranno tre tappe fondamentali. Quella di domani, quella dello Jafferau. Sì, perché il Colle delle Finestre, anche se è lontano dal traguardo, farà male. Il podio di Roma? Io ci credo».
Lucano di Montalbano Jonico, Pozzovivo dopo aver conseguito la maturità scientifica, si è laureato in economia aziendale e adesso gli mancano pochi esami per bissare con quella in scienze motorie. «Mi mancano nove esami precisa -; mi è sempre piaciuto studiare, e lo faccio con grande passione e impegno, esattamente come la mia professione di ciclista».
Papà Leonardo è agricoltore, mamma Maria Rosanna è impiegata comunale, Domenico oltre a parlare un fluente inglese, ama la musica, suona il pianoforte e adora Chopin. S'interessa anche di meteorologia e di politica. «Appena posso non mi perdo un talk-show in tv», aggiunge.
Ha giocato a pallone come difensore, nella squadra allenata da papà, poi ha scoperto la bici, che gli ha spalancato il cuore e aperto le porte del mondo. Emigrante del pedale, come il suo capitano Nibali o Fabio Aru. Costretto a lasciare la sua Basilicata, per inseguire il sogno di diventare un giorno corridore professionista. Prima in Piemonte, poi in Lombardia e Veneto. Tante vittorie, e un quarto posto ai mondiali under 23.
Pollicino non ha mai avuto paura, si è sempre buttato nella mischia con determinata volontà. Lui peso piuma contro pesi massimi, tanto in bicicletta conta il rapporto peso-potenza, non l'altezza. Ha solo dovuto fare i conti con un po' d'incidenti di percorso, sotto forma di cadute e fratture, che queste sì gli hanno rallentato un po' la marcia. «Al Giro del 2015 ho rischiato la vita, non solo di non correre più. Però è vero, in carriera ho avuto diversi infortuni, che hanno rallentato il mio cammino: la frattura della tibia e del perone prima e quel trauma facciale al Giro, sono gli incidenti più gravi che ho dovuto superare. Ma grazie a mia moglie Valentina e alla mia famiglia, sono tornato in gruppo, più forte di prima. Il ciclismo t'insegna a non mollare mai. Cadere puoi, rialzarsi si deve.
Se credo al podio di Roma? Certo che sì, per me varrebbe come una vittoria. Se temo il ritorno di Froome? Se si accetta la sfida, non si deve temere mai nessuno».Pollicino studia la cartina. C'è da difendere il podio di Roma. Lui non è solito smarrire la strada: il podio è casa sua.
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