Ormai è fin troppo evidente che la Formula 1 2017 è fortemente condizionata dalla resa di queste gomme smodatamente allargate e troppo sensibili alle temperature ambientali, con le mescole più soffici. Non possiamo più avere confronti basati su tutte le caratteristiche tecniche e funzionali delle macchine, con il fattore potenza al vertice, ma solo condizionati prevalentemente dalla risposta-pneumatici. E fin dall'apertura mondiale di Melbourne è stata constatata una eccessiva fragilità delle Ultra-Soft, seguita dalla criticità delle Super-Soft, con una migliore interpretazione della Ferrari nella creazione di geometrie e di cinematismi delle sospensioni, come frutto di saggezza e di consumata esperienza, contro la sofisticazione di schemi avanzati da parte di una British-Mercedes che non si accontenta di vincere, ma che vuol sempre stravincere. Dura lezione di Maranello, con due successi a uno, prima con 23 giri iniziali in Ultra-Soft contro 17 e poi con 10 giri soltanto in Super-Soft, per accentuare il comportamento migliore delle Soft, così da passare subito al comando con Vettel e mantenerlo fino al secondo Pit-Stop, favorevole alla Mercedes di Hamilton, contro la cedevolezza di quella di Bottas. Per di più, con 5 di penalità a Hamilton per l'episodio da Pit-lane con Ricciardo, influenti in una gara vinta dalla Ferrari per 66.
Sarà, ma tutto questo non appassiona, senza un confronto completo di motori e di telai.
Dopo che le stesse qualifiche in crescita per il Cavallino, dallo 0,33% dell'Australia allo 0,20% della Cina, sono passate in perdita, allo 0,54%, in Bahrain, per differenziare Vettel (migliore sul giro) da Raikkonen (migliore in velocità), soltanto con le gomme in mente, più o meno sollecitate in motricità. Tutto questo non soddisfa i tecnici appassionati.
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