Razzismo nel pallone. Il silenzio per Pelé poi i soliti buu razzisti

Curva della Lazio chiusa dopo il caso di Lecce Presunti cori a Lukaku: aperta un'inchiesta

Razzismo nel pallone. Il silenzio per Pelé poi i soliti buu razzisti

Un minuto di silenzio in memoria di Edson Arantes do Nascimento, l'immagine sorridente di Pelé sul maxischermo, gli applausi di affetto. Poi gli ululati e gli insulti razzisti del meraviglioso pubblico. È accaduto a Lecce, ha riguardato un ragazzo gambiano, Lameck Banda e un francese di origini camerunensi, Samuel Umtiti, colpevoli di avere la pelle nera. Le solite canaglie che convivono con la maggioranza della tifoseria laziale si sono fatte nuovamente riconoscere. A tale ciurmaglia non interessa il cordoglio, anzi onorare un negro come Pelé, è una provocazione che non possono accettare e soprattutto comprendere. È accaduto anche a Milano, Romelu Lukaku facile bersaglio dei guappi mischiati alla folla buona dei napoletani.

Il giudice ha deciso la chiusura della curva laziale così colpendo tutti e non i colpevoli effettivi, soluzione comoda e ipocrita. Il club di Lotito ha emesso il consueto comunicato con il quale si dissocia, la Federcalcio ha avviato un'inchiesta dopo i presunti cori scimmieschi di San Siro, si è fatto vivo il furbo Infantino che si è detto solidale con Umtiti e gli altri, già dimenticando di avere concesso ai vincitori di Qatar 22 esibizioni già razziste e volgari in mondovisione. In Spagna la Liga ha deciso di intervenire finalmente denunciando penalmente la feccia che insulta ripetutamente il brasiliano Vinicius jr, si va per tribunali, dunque, ma ritengo che sia arrivato il momento di fermare le partite. Offendere è un'abitudine di chi si è inoculato la droga dell'ignoranza e continua a farne uso, scaricando i propri guai psichici e famigliari, poveretti che trovano ideale tana negli stadi di calcio, là dove tutto è ormai possibile, dallo spaccio di cocaina ai rave razzisti. Interrompere il gioco al primo urlo degli uomini-bertuccia non è difficile, perché se è possibile farlo in occasione di un invasione pacifica, sarebbe automatico fermare la contesa e individuare immediatamente la zona dalla quale provengono quei cori schifosi e provvedere all'individuazione dei gentiluomini e poi mostrarli, così da informare parenti, amici e affini. Ho memoria di un partita di coppa dei campioni giocata a Lodz, in Polonia, con un gruppo di tifosi che inneggiava a Lech Walesa. La polizia fece uso di idranti, con acqua colorata di rosso, vennero indirizzati verso il settore degli urlanti, questi furono riconosciuti all'uscita dello stadio e colpiti da condanna.

Quella fu repressione, questa deve essere, al contrario, rispetto del vivere sociale, dell'altrui pensiero e dell'altrui origine.

Dovrebbero reagire anche i calciatori, l'omertà è complicità, forse è paura perché sono sotto schiaffo di quei farabutti, il minuto di silenzio è un momento di ipocrisia smascherato dall'ignoranza e dalla volgarità universale, non soltanto quella di Lecce o di Milano e degli altri stadi, in un calcio sguaiato come ha confermato l'epilogo del mondiale in Qatar e i gesti, non le gesta, del portiere argentino e dei suoi sodali. Oggi lo sdegno di repertorio, da domani si ricomincia, un devi morire non si nega a nessuno e se è nero ancora meglio. Infami.

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