Schnellinger e il 4-3 con la Germania "Il mio gol? É stato un regalo di Dio"

L’ex terzino del Milan e della Nazionale tedesca realizzò a tempo scaduto il gol del pareggio che scatenò la Partita del Secolo: «Segnai per caso: volevo andare negli spogliatoi. Il Brasile è era imbattibile, non cercate scuse. Un’altra partita così? Ci sarà ma non con me...»

Il gol di Schnellinger in Italia-Germania 4-3
Il gol di Schnellinger in Italia-Germania 4-3

Sembrava un dispetto e invece era un regalo. Poteva essere solo lui, Karl Heinz Schnellinger, il tedesco più italiano di Germania, a segnare a partita finita all’Italia il gol che avrebbe consegnato lui e gli azzurri, alla leggenda. Ha giocato a Mantova, a Roma e al Milan dove insieme a Gianni Rivera ha vinto tutto. Poi si è fermato qui. Ed è diventato l’italiano più tedesco d’Italia.

Buongiorno Karl, lei immagina perché la chiamo…
«Ancora Italia-Germania 4-3? Sono stufo di parlarne...».

Ma sono i Cinquant’anni: come si fa?
«Mi chiamano in tanti, ma adesso basta, non rispondo più. Lei è l’ultimo...».

Però le fa piacere che se ne parli, dica la verità...
«Non ho detto il contrario. È la partita delle partite, una partita eterna. Averla in qualche modo inventata per me è come un regalo di Dio».

E allora parliamone, no?
«Si, va bene, ma sono stufo lo stesso. Pensi che se mi avessero versato un euro solo per ogni volta che è andato in onda il mio gol adesso sarei miliardario».

E pensare che è nato per puro caso
«Ormai lo sanno tutti. Avevo dato un’occhiata all’orologio sul tabellone, ormai era quasi finita e mi sono detto che stai a fare qui? Così sono entrato nell’area dell’Italia per arrivare prima negli spogliatoi che erano li dietro».

E invece...
«Arriva il cross di Grabowski e io mi butto in spaccata. Ho fatto quattro mondiali e giocato 47 partite con la Nazionale ma quello è il mio unico gol».

E cosa ha provato?
«In quel momento niente a parte la soddisfazione che può dare la palla quando entra in porta».

I suoi amici italiani però...
«Mi hanno mandato a quel Paese che dovevano fare ringraziarmi? Io non avevo il coraggio di guardare in faccia Rosato. Rivera mi ha detto: ma come proprio tu?».

E lei?
«Ho fatto il mio dovere. Di tedesco e di professionista».

E pensi, noi le siamo persino grati di quel gol.
«Si, ma solo perché avete vinto. Altrimenti...».

Ma dopo l’incontro nessun rancore, mai.
«A fine partita andai negli spogliatoi dell’Italia a salutare. Si rideva, si scherzava. Certo voi eravate più allegri».

Comunque lei è ormai uno di noi.
«Vivo in Italia da 57 anni. Sono sempre stato bene qui e trattato con il rispetto che penso di essermi meritato. Mi ero accorto di avere più amici in Italia che in Germania e mi sono fermato. E i miei figli sono nati e cresciuti qua».

In cosa è diventato italiano?
«Nel cuore. Ho un cuore tedesco e un cuore italiano»

Voi prima della semifinale con l’Italia avevate già giocato i supplementari: eravate più stanchi.
«Fa parte del gioco. Quando sei impegnato in queste competizioni c’è sempre il rischio dei supplementari».

E come andò?
«Tre giorni prima dell’Italia avevamo giocato con l’Inghilterra a Leon, faceva un caldo tremendo. Perdevamo 2-0 e abbiamo vinto 3-2. Era la rivincita della finale di quattro anni prima dove gli inglesi ci avevano battuto grazie a un gol che non esisteva. Tenevamo molto a quella partita».

Gli italiani dicono che senza supplementari con voi in finale con il Brasile se la sarebbero giocata.
«Balle. Contro il Brasile di Pelè, Rivelino, Jairzinho era impossibile vincere. Questa è una bella scusa».

Perché è così forte la rivalità tra Italia e Germania?
«Forse perché voi avete gli spaghetti e noi le patate… »

Risponda seriamente...
«Sono due grandi scuole europee. E le rivalità sono il sale dello sport».

Cosa direbbe a

Rivera 50 anni dopo?
«Che siamo stati bravi: abbiamo fatto il massimo per il nostro Paese. Più di così mi pare impossibile».

Una partita così ci sarà ancora?
«Sicuramente. Ma non con me...».

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