Sempre in ritardo. E prepariamoci al peggio

Gli indecisi a tutto finalmente si sono decisi: dimissioni di massa. E avanti gli altri. Non è così che si chiude un mondiale. In Italia c'è l'abitudine di parlar bene dei pochi che hanno il coraggio di dimettersi davanti a un fallimento. Si dice: succede così di rado. Dunque così dovrebbe essere anche nei confronti del nostro duo. Ma stavolta le colpe sono chiare, il famoso progetto mandato tanto stupidamente al disastro, da non muover a commozione per la decisione consegnata ai giornalisti. Sarà un caso se gli amici fiorentini del ct andavano dicendo da qualche giorno che, in caso di sconfitta, si sarebbe dimesso? Tutto previsto, c'è perfino da pensare male.

Prandelli e Abete lasciano il calcio nazionale, ma non il calcio italiano. Al presidente sono stati necessari due fallimenti per arrivare alla conclusione, al tecnico le ultime tre partite. Forse ha capito di non averci capito niente. Gesto apprezzabile, ma tipico prandelliano: quando il gioco (non quello sul campo) non gli piace più, prende e saluta. Il mea culpa dovrà ripercorrere indecisioni, incertezze, non aver capito che Balotelli era un rischio per tutti, non solo per se stesso. Il nostro calcio propone poco, Prandelli ha preso quanto gli sembrava dignitoso. Non è detto che ci possa essere di più e di meglio nel bigoncio, ma forse andava tutto gestito diversamente. Preparazione fisica compresa. Prandelli se ne va come Lippi nel 2010. C'è da pensare che mantenga l'aureola come il ct che vinse nel 2006. Abete probabilmente non conserverà nemmeno quella. Poi ci sarà da rifondare il calcio: mancano dirigenti, non mancano gli allenatori. Mancano forse i giocatori, cioè la materia prima. Abete non avrà molto cui aggrapparsi, se ne sono viste troppe sotto la sua dirigenza. Prandelli sta facendosi la fama del perdente di successo. Erano state rose (giornalistiche) dopo la batosta con la Spagna. Stavolta saranno solo spine. Ieri ha preso atto, ma ha esagerato trovando motivazioni che non vadano al di là di due risultati mancati e di una incapacità di gestire un cosiddetto progetto.

Solita storia: allungo la mano, ritraggo il piede. Ma preparatevi al peggio anche per il nuovo presidente. Si parla di Carlo Tavecchio, vicepresidente vicario, Luca Pancalli o magari un rampante come Michele Uva. Questo passa il convento.

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