Tra la Nazionale e il nuovo ct Luciano Spalletti c'è di mezzo il Napoli. O meglio c'è di mezzo la clausola di non concorrenza sottoscritta con Aurelio De Laurentiis all'atto della rescissione del contratto nel giugno scorso. La cifra, secondo nuove versioni, sarebbe di 2 milioni e 800 mila euro destinata a ridursi da gennaio 2024. Fu stipulata nel timore che Spalletti, sull'onda del trasferimento di Giuntoli a Torino, potesse raggiungere il ds sostituendo Max Allegri sulla panchina della Juve che viene vissuta a Napoli come il numero pubblico numero uno. Qui la trattativa si complica maledettamente per una serie di motivi che proviamo a spiegare in sintesi estrema. Il primo: la federcalcio, ammesso che volesse sciogliere il nodo, non potrebbe farlo perchè, per statuto, versare soldi a un club associato non è assolutamente consentito. Il secondo motivo: ADL non intende liberare gratuitamente Spalletti e anzi sostiene che dev'essere il tecnico protagonista del suo primo scudetto, a scucire il denaro o eventualmente -come ha spiegato il legale di fiducia avvocato Grassani- a discutere modalità diverse con Gravina. Il terzo infine: la clausola può e deve riguardare l'eventuale tesseramento di Spalletti con un altro club concorrente, non con la Nazionale che verrebbe indirettamente esclusa a meno di specifici riferimenti contenuti nel documento. Sul tema Gravina ha già effettuato sondaggi presso esperti della materia chiedendo loro un parere recapitato velocemente: secondo l'interpretazione corrente, la clausola non avrebbe valore con il club Italia. Eppure ha deciso di approfondire la questione con altri professionisti per evitare di correre un rischio di contenzioso legale con un proprio associato, il Napoli appunto. E conoscendo i precedenti di ADL sarebbe scontato con imbarazzo evidente.
Da questo quadro si possono trarre già un paio di conclusioni extra vicenda. Al netto delle apparenze, ADL e Spalletti non si sono affatto separati in rapporti amichevoli. Anzi, per dirla tutta, Spalletti ha chiesto di essere liberato dopo lo scudetto proprio per il peso insopportabile della convivenza con il presidente napoletano. Di qui lo scenario attuale: uno non vuole chiamare l'altro e viceversa. Perciò la definizione della successione a Mancini slitterà ai prossimi giorni, di sicuro al fine settimana. Per questo motivo non c'è stato alcun incontro dal vivo tra il presidente federale e il tecnico campione d'Italia ma solo una serie di ripetuti colloqui telefonici (i due sono già d'accordo su tutto: staff e stipendio).
Ma c'è un altro dettaglio molto interessante ed è il seguente. A dimostrazione che non c'era, nella lista dei candidati alla panchina azzurra, un numero uno e un numero due, Gabriele Gravina ha interpellato Spalletti ma poi ha chiamato anche Antonio Conte. E sul tema ha trovato una sensibilità doppia da parte dell'allenatore pugliese. Conte ha perfettamente compreso che per età, per il fresco successo tricolore, Spalletti ha ricevuto la prima telefonata e non l'ha ritenuta una diminutio professionale. Non solo. Ma si è detto eventualmente pronto ad esaminare la proposta nel caso il negoziato con Spalletti dovesse, per la clausola, naufragare. Da questo punto di vista la federcalcio è in una botte di ferro: saltasse il toscano, con Conte la Nazionale finirebbe in eccellenti mani. Non solo.
Antonio conosce perfettamente le dinamiche del nuovo mestiere avendo guidato, sotto la presidenza di Carlo Tavecchio, il club Italia per due anni e partecipato all'europeo con un gruppo di discutibile cifra tecnica ma dotato di uno spirito straordinario grazie al quale uscì dalla fase finale solo a causa di un paio di rigori sbagliati (Pellè tra gli altri).
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