Desolatamente necessario. È il calcio nel silenzio, senza pubblico, senza entusiasmo, senza cori, bandiere, colori, insulti anche. Il calcio al tempo della pandemia che non è ancora finita, continua a fare paura e a tenere gli spettatori lontani dagli stadi. Così almeno secondo le parole del premier Giuseppe Conte che ha chiuso a doppia mandata i cancelli degli stadi italiani: «Per quanto mi riguarda la presenza allo stadio, così come a manifestazioni in cui l'assembramento è inevitabile, come all'ingresso e all'uscita, non è opportuna». Poche parole che valgono come una sentenza.
Ci siamo quasi, il 19 settembre si ripartirà con la serie A. E quelle immagini di metà estate con impianti vuoti e le urla di calciatori e tecnici che rimbombavano come il rumore del pallone che calciava, non saranno soltanto un ricordo. Si riprenderà come si era chiuso. De resto anche il ministro della Salute Speranza si era messo di traverso rispetto le richieste dei club che vorrebbero riaprire, almeno parzialmente, gli stadi. E anche il presidente dell'Istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro è stato caustico: «I raduni di massa sono considerati al mondo come il massimo livello di rischio che non è legato solo all'evento.
Ci sono una serie di problemi nel gestire l'ingresso e l'uscita delle persone. Il Cts ritiene che allo stato attuale non ci siano le premesse per eventi con spettatori e la preoccupazione è anche quella di non sovraccaricare il sistema di altri fattori di rischio».
Finita qui, per ora? Forse. Anche se qualche possibilità, seppur piccola, si palesa all'orizzonte. Oggi infatti la gara amichevole tra il Parma e l'Empoli allo stadio Tardini, vedrà la presenza di mille spettatori, primo caso dal lockdown di impianti riaperto agli spettatori, anche se molto contingentanti. Un esperimento, con i tifosi divisi fra la tribuna Petitot e la curva nord con tanto di mascherina obbligatoria per tutti.
Emilia Romagna capofila, considerato che il 13 settembre, per il Gran Premio di Moto Gp in programma a Misano sarà presente il pubblico, anche in questo caso con restrizione a 10 mila persone. Il tutto mentre anche in Germania si lavora per aprire gli stadi con capienza ridotta.
Una decisione che non piace allo zoccolo duro dei tifosi e tantomeno alle società, alle prese con una mancanza di incassi da ticketing che colpisce non poco le casse sociali, specie per i club minori. Una decisione che fa infatti infuriare la Lega Pro che per voce del presidente Francesco Ghirelli lancia un grido d'allarme: «se non si riapre facciamo un danno irreparabile. Quello che dico a Conte è venga con noi a vedere se è possibile, come sosteniamo, riaprire agli abbonati. Si renda conto da sé.
Se andiamo sugli abbonati, vediamo che questi sono nominativi: il problema si può governare stabilendo orari finestre d'ingresso, banalmente per cognome in entrata, e per aree in uscita». a proposito degli eventi sportivi.Se ne riparlerà, e molto. Ma per il momento a vuoto. Stadi chiusi, silenzi e niente colori. Si riprende a giocare e, piaccia a no, a vincere è ancora la paura.
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