Sapessi com'è strano, un derby americano a Milano... Abbiamo già visto quello cinese, tra due signori apparsi e scomparsi per poi regalare misteriosamente i rispettivi club ai fondi a stelle e strisce. Adesso tocca a loro, a RedBird contro Oaktree, New York contro Los Angeles, come dire Yankees contro Dodgers nel baseball, Giants contro Rams nel football. Niente di più lontano dalla storia e dalla filosofia del nostro pallone, eppure oggi sotto la Madonnina il derby è incredibilmente made in Usa. Da una parte un gruppo tutto da scoprire, di cui si conosce qualche nome (Cano, Ralph, Meduri, Ligori, Nannan, membri del CdA) ma nessun volto, e che ha preferito lasciare tutto in mano alla gestione italianissima Marotta-Antonello. Dall'altra un patron più visibile, Gerry Cardinale, che però ha messo la sua faccia in un Milan passato dallo scudetto a un mare di guai.
E pensare che l'esordio di Cardinale da proprietario del Milan avvenne il 3 settembre del '22 con Milan-Inter 3-2. Un debutto come meglio non poteva immaginare: anche Silvio Berlusconi e persino il misterioso Yonghong Li, prima di lui, avevano esordito curiosamente con un derby, ma se il cinese se la cavò con un pari (2-2 nell'aprile del '17), il Cavaliere perse addirittura all'inizio della sua cavalcata (1-0 nell'86, con il famoso gol di Minaudo). A un patron rossonero non capitava di vincere il primo derby della propria gestione addirittura dai tempi di Felice Colombo, nella finale di coppa Italia del '77, ma questo è un precedente che ai tifosi rossoneri è meglio non raccontare...
Per Cardinale, dunque, un inizio sfolgorante, con due gol di Leao e uno di Giroud: peccato che quel successo, di fatto eredità della gestione Elliott, fu l'ultimo della serie per i rossoneri. Da allora sul regno di Cardinale è buio pesto: sei derby e sei sconfitte, 14 gol subiti e appena due all'attivo, di cui uno (sempre di Leao) nell'umiliante 5-1 dello scorso anno e l'altro (di Tomori) nel 2-1 con cui i nerazzurri festeggiarono l'ultimo scudetto.
Sei sconfitte consecutive che eguagliarono il record negativo, stabilito però dall'altra parte di Milano in epoca molto lontana: dal 3-2 rossonero nel primo campionato del dopoguerra '45-'46 (con i gol di Gimona, Antonini e Rosellini, umili eroi che Berlusconi amava spesso citare) al 2-0 del '47-'48 (ancora Antonini e Puricelli). Era l'Inter forse più debole della storia, che nel '47 rischiò addirittura la serie B, salvata solo dal ritorno del vecchio Meazza come allenatore-giocatore. Il presidente era Carlo Masseroni, un cumenda appassionato che si fece rifilare dal Sudamerica i famosi cinque bidoni (da Bovio a Zapirain), ma poi si riscattò ingaggiando il primo fuoriclasse straniero della storia interista, l'ungherese Istvan Nyers. Non aveva né holding, né logaritmi e non inseguiva uno stadio di proprietà, ma trasferì l'Inter dall'Arena a San Siro e fu già un grande passo nel futuro.
Adesso Gerry Cardinale rischia addirittura di fare peggio del buon Masseroni, perché le prospettive sul derby rossonero sono preoccupanti: dalla traumatica eliminazione in Europa League contro la Roma in aprile, i rossoneri hanno vinto solo 2 partite (contro Cagliari e Venezia), pareggiandone 6 e perdendone altrettante.
Un trend da brivido che le scelte estive (tra allenatore e mercato) non hanno saputo invertire. Un inizio di stagione da 9 gol subiti in cinque partite, con l'avvilente debutto in Champions ancora negli occhi. E un record da evitare a tutti costi.
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