Super è solo l'Inter. Che lezione nel deserto a un Diavolo in crisi

Finale senza storia: i nerazzurri passeggiano e si prendono il settimo trofeo. Disastro Milan

Super è solo l'Inter. Che lezione nel deserto a un Diavolo in crisi

L'Inter è la regina d'Arabia, Dzeko il suo magico ispiratore. A Riad i neroazzurri hanno messo in ginocchio il Milan e stravinto il derby di supercoppa, come avvenne già in coppa Italia nello scorso anno. Stesso risultato, 3 a 0, stesso dominio, da cima a fondo della sfida, stessa superiorità nei duelli decisivi, specie a centrocampo. Il Milan è rimasto fulminato dalla partenza dei rivali e non è più riuscito a rialzare la testa. A questo punto i tre indizi (coppa Italia, Lecce e Riad) confezionano la prova regina: il Milan è una copia sbiadita della squadra capace della cavalcata tricolore dei mesi di aprile e maggio 2022. Anche stavolta, i rari acquisti utilizzati, Origi e CDK, sono passati inosservati. E la difesa è andata in tilt sui primi attacchi ben congegnati dagli interisti.

In perfetta traiettoria con le sue amnesie recenti e con quegli sbreghi preoccupanti difensivi, il Milan ricomincia proprio come a Lecce. Da incubo, ancora una volta, i suoi primi 20 minuti e forse l'innesto di Kjaer non aiuta a chiudere col lucchetto il portone di casa Tatarusanu. Se subisce gol da 6 turni consecutivi è una questione collettiva e non di una pedina. Tomori, se possibile, è l'anello debole della catena difensiva. L'Inter, lucidissima e spietata, dispone del rivale con la stessa strategia del Lecce: in velocità, aprendo il campo da un lato all'altro e trovando puntuale all'appuntamento prima Di Marco e poi Dzeko, che è il vero ispiratore anche del primo sigillo e il protagonista del successo. Ancora più marcata l'impreparazione della difesa rossonera sul 2 a 0 nerazzurro: lancio di Bastoni dalle retrovie per Dzeko sul quale deve provare a riparare Tonali saltato con un dribbling di classe dal bosniaco. L'uno-due dell'Inter può ridurre in cenere anche un toro, figurarsi questo Milan in formato timido e smarrito al quale solo Leao riesce a dare uno scossone con quella progressione con tiro finale deviato in angolo dalla manona santa di Onana. La partenza del Milan tradisce la difficoltà di fondo, l'impossibilità di far partire da dietro l'azione che così si svolge sui lanci di Tatarusanu, reattivo nel deviare una deviazione del flagello Dzeko.

L'uscita dallo spogliatoio del Milan promette qualche scintilla ma l'Inter di Riad controlla senza affanni le scaramucce di Leao e qualche tiro centrale di Bennacer dal limite. E invece, a dispetto degli arrivi dalla panchina di Pioli che non sono rinforzi (Kalulu, De Ketelaere, Origi), non spostano insomma gli equilibri, è l'Inter che mette in bacheca la sua settima Supercoppa d'Italia con un lampo di Lautaro. Nel corpo a corpo con Tomori, l'argentino campione del mondo si libera in scioltezza e scolpisce sul tabellino il luccicante 3 a 0 di Simone Inzaghi, uno specialista della manifestazione, proprio come un anno fa quando piegò a San Siro la Juve di Allegri dopo i supplementari, con la mandrakata di Sanchez. L' Inter torna a casa con un trofeo in più (4° dell'era Zhang) e l'orgoglio di aver messo sotto i campioni d'Italia, il Milan invece con un carico di ansie e insicurezze e la piena involuzione dei suoi migliori protagonisti.

Leao ha avuto qualche lampo, Bennacer tra i più continui ma gioco e tenuta difensiva made in scudetto sono evaporati dopo la sosta mondiale. Maldini e Gordon Singer (lui in tribuna, Cardinale negli Usa) devono interrogarsi insieme con Stefano Pioli.

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