«Le staminali dagli embrioni? Sono un bluff»

«La Chiesa non è affatto contro la scienza. La Chiesa ascolta, studia, riflette. È la stessa scienza, nel caso della ricerca sulle cellule staminali, a dimostrare che la cosiddetta “clonazione terapeutica” che usa gli embrioni è un metodo obsoleto, che non da risultati...». Monsignor Francesco Follo, originario di Pandino (Cremona), 62 anni, da sette è l’osservatore permanente della Santa Sede all’Unesco. Ha partecipato alla sesta sessione del Comitato intergovernativo di bioetica che si è svolto a Parigi nei giorni scorsi.
Il prefetto dell’Archivio vaticano ha detto di recente che la Chiesa verso la ricerca sulle staminali rischia di usare gli stessi preconcetti della condanna di Galileo. È vero?
«Non mi sembra proprio. La Chiesa è contraria alla creazione e alla manipolazione degli embrioni e dunque alla clonazione di embrioni umani geneticamente uguali alle cellule del paziente. Ma da circa due anni sono state ottenute le staminali Ips (Induced pluripotent stem cells) usando le cellule della pelle. In questo modo non si pone il problema del rigetto, che invece si presenterebbe con l’uso di cellule embrionali. Questo nuovo metodo rende obsoleta la clonazione. E risolve il grave problema morale che esisteva con il metodo precedente».
Sta parlando in termini scientifici o di fede?
«La conclusione a cui alludevo, e della quale si è discusso nei giorni scorsi all’Unesco, è stata tratta da scienziati come Ian Wilmunt, il ricercatore che ha prodotto la pecora Dolly, il primo mammifero clonato nel 1997, e James A. Thomson, lo scienziato che per primo, nel 1998, annunciò di aver ottenuto cellule staminali “pluripotenti” dagli embrioni umani. Sono loro stessi a dire che la nuova tecnica è migliore. Anche se va detto che l’utilizzo terapeutico delle staminali presenta molti problemi, negli ultimi mesi sono stati annunciati i primi successi nell’ottenimento di Ips grazie alle cellule della pelle senza il pericolo della formazione di tumori, come avveniva in precedenza».
Perché se le staminali embrionali sono un metodo vecchio e inefficace il presidente Barack Obama ha rifinanziato la ricerca?
«La ricerca ha fatto molti passi in avanti, non sempre i politici sono informati, come dimostra anche un certo dibattito in Italia. Ci possono essere poi resistenze dovute alla volontà di usare embrioni già congelati, di portare a termine ricerche già in corso, o anche per una pregiudiziale ideologica. Devo dire però che all’Unesco ci si sta aprendo a queste positive novità scientifiche».
Un gruppo di ricercatori britannici ha annunciato di aver clonato degli spermatozoi. Come commenta?
«La clonazione per noi non è accettabile sia per motivi morali, sia scientifici. Mi chiedo quale sia lo scopo. La libertà di ricerca non vuol dire poter fare tutto quello che il ricercatore ritiene fattibile. Se non si riflette sul senso di quello che si fa, allora quello che si fa diventa il senso della vita. Un’altra osservazione è che non tutto ciò che è legale diventa morale. Un tempo erano i teologi che dettavano le norme morali. Poi è stata la volta dei filosofi, si è quindi passati agli scienziati. Adesso non sono più neanche gli scienziati, ma i tecnici e la tecnologia. Così si banalizza la dimensione etica, perché c’è un corto circuito pratico e concettuale. Nella recente enciclica sociale Caritas in veritate Benedetto XVI mette in guardia dalla “pretesa prometeica” secondo la quale l'umanità ritiene di potersi ricreare avvalendosi dei “prodigi” della tecnologia. La tecnica non può avere una libertà assoluta. Mi sembra di notare, nel dibattito a cui ho assistito a Parigi, che ci si stia anche rendendo conto di come i problemi etici non possano essere lasciati in balia delle maggioranze o delle minoranze».


Non c’è il rischio, con questi divieti, di creare uno «Stato etico»?
«Io in questi casi preferisco non parlare di bioetica ma di bio-diritto. Gli Stati e Organizzazioni multilaterali quali l'Unesco, secondo me, dovrebbero elaborare un bio-diritto, che non è un'etica».

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