La stanza di Mario Cervi

Egregio Direttore, in termini statistici sicuramente Mario Cervi avrà ragione nel distinguere tra «fascismo normale» e la ancor più tragica fase di Salò: parlando quindi delle persecuzioni razziali contro gli ebrei certamente la fase più cruenta avvenne nel periodo repubblichino anche se, come documentano testi storici (cito tra tutti Susan Zuccotti, «L’Olocausto in Italia», Tea), per decenni si è dato per scontato un atteggiamento «buonista» del regime che in realtà non fu tale. Mi chiedo però sino a che punto la statistica sia applicabile alle dittature per formarne una sorta di classifica che identifichi la più cattiva per arrivare alla meno malvagia.

Ovvero, ha senso il tentativo di dirci che il fascismo tutto sommato non fu poi così cattivo come lo si può dipingere, almeno nella prima e lunga fase? Che senso ha stabilire, ammesso e non concesso che questo sia il rapporto corretto, se e quanto l’aiutante (peraltro volontario) sia meno cattivo e colpevole del boia capo? Non bastano le infami leggi razziali a porre dei cittadini in uno stato di debolezza e fragilità tale da renderli facili vittime ed evidenziarli chiaramente quali obbiettivi intorno ai quali si è fatta terra bruciata? Mi consenta di esprimere queste perplessità dinanzi alle quali, invece, emerge limpida la grandezza e si delinea il coraggio di quanti, oggi definiti Giusti tra le Nazioni, si opposero comunque a quello stato di cose incivile.
Cordiali saluti,
Livorno

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