la stanza di Mario CerviLe magagne della giustizia? Renzi le ha ereditate

Una vera riforma della giustizia non può prescindere da tre requisiti fondamentali: la separazione delle carriere tra magistratura inquirente e magistratura giudicante, la responsabilità civile diretta dei magistrati che abbiano agito con dolo o colpa grave e l'inappellabilità delle sentenze di assoluzione. Solo questi tre fondamentali aspetti possono garantire la terzietà e l'indipendenza dei giudici oggi troppo spesso «inclini» verso i PM, la possibilità che i magistrati rispondano direttamente di eventuali gravi abusi (come dovrebbe essere per ogni dipendente pubblico quali sono) e la sicurezza che un cittadino non si trovi per anni e anni in balia di sentenze troppo spesso di segno contrastanti. Non per niente nelle linee guida della riforma della giustizia di Renzi nessuno dei punti in questione è all'ordine del giorno.
Roma

Caro Berardi, io non so quali siano le intenzioni di Matteo Renzi. So che la questione giustizia non è nata con lui, e che Parlamenti nei quali la rappresentanza degli avvocati era molto consistente hanno sempre varato norme che la giustizia la rendevano, se possibile, ancor più lenta e macchinosa. Sono d'accordissimo sulla separazione delle carriere. Lo sono anche sulla responsabilità civile diretta dei magistrati che abbiano agito con dolo o colpa grave. Avvertendo tuttavia che le sanzioni a loro carico - dovendosi prima completare l'iter del procedimento nel quale il dolo o la colpa grave si è verficato, e dovendosi poi accertare in tre gradi di giudizio il se e il quanto della responsabilità delle toghe- arriverebbero dopo quinquenni o decenni. Ho già scritto che mi sembrano più efficaci misure disciplinari, come la cacciata -purtroppo rarissima- dei giudici inetti. Sulla inappellabilità delle assoluzioni ho già espresso dei dubbi. Lorenzo Bozano che uccise Milena Sutter e fu con sentenza inconcepibile prosciolto in primo grado, non avrebbe pagato per il suo crimine. Quell'inappellabilità esiste, è vero, nel diritto anglosassone, per le pronunce delle giurie. Ma è associata al fatto che anche le condanne hanno effetto immediato. Se uno è condannato per assassinio da quel momento in poi è un assassino. Potrà ricorrere, e magari ottenere che siano riconosciute le sue ragioni. Ma senza a lungo ostentare-come fanno tanti brutti ceffi nostrani-una virtuosa presunzione d'innocenza.

Lei osserva sensatamente che, essendo i magistrati dipendenti pubblici, debbono rispondere dei loro errori. Il ragionamento non fa una grinza. Ma le pare che l'amministrazione sia severa nei confronti degli altri dipendenti pubblici?

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