Statuto dei lavori Il governo non si ferma: via alla riforma

RomaIn tempi di «prospettive ristrette» e «difficoltà», l’attività del governo non si ferma. E non solo per portare al traguardo la finanziaria che nessuno - nonostante le proteste di rito per i tagli - vuole veramente intralciare. Oggi i ministri Mariastella Gelmini e Altero Matteoli annunceranno un piano di investimenti nell’edilizia scolastica. Ieri il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi ha dato il via libera al percorso che porterà allo Statuto dei Lavori, progetto più ambizioso del governo di centrodestra su un tema che divide anche in periodi politicamente più tranquilli.
La coincidenza con la fase più acuta della crisi non è voluta. Il percorso che porterà al nuovo testo unico e manderà in soffitta lo Statuto dei lavoratori del 1970 doveva partire proprio in queste settimane e nel modo annunciato ieri da Sacconi: con una bozza e una lettera nella quale si chiede ai segretari generali dei principali sindacati e ai presidenti delle associazioni datoriali, di arrivare a un avviso comune. Solo quando le parti sociali si saranno messe d’accordo, Palazzo Chigi approverà un disegno di legge delega.
Questa, ha spiegato il ministro, è una delle principali novità. La prassi vorrebbe che sindacati e associazioni delle imprese intervengano su un testo già approvato e in tempi prestabiliti. Questa volta non c’è nemmeno un limite di tempo, anche se l’auspicio del governo è che l’avviso comune arrivi il più presto possibile. «È un percorso di riforma che il governo ha ritenuto necessario e urgente. E un atto di fiducia verso le parti sociali», ha spiegato Sacconi. La bozza indica comunque alcune linee guida. In primo luogo semplificazione.
L’obiettivo «è ridurre del 50 per cento la normativa vigente, anche mediante abrogazioni» delle leggi approvate fino ad ora. In tutto, ha ricordato Sacconi, sono circa 1.000 atti normativi e 15.000 precetti e disposizioni che incidono sulla regolazione dei rapporti di lavoro. Ridurli, già di per sé, sarà un incentivo ad assumere.
Lo Statuto dei Lavori sarà composto di due parti. Una che sancisce le tutele fondamentali, recepisce la Carta europea dei diritti fondamentali dei lavoratori. Un’altra, che riguarda sempre le tutele, ma che rinvia la loro definizione alla contrattazione collettiva. Sindacati e associazioni, potranno decidere quali argomenti comprendere nella prima e quali nella seconda parte. È il modo migliore, ha spiegato il ministro, per rispondere a un assetto produttivo che si trasforma in continuazione e per superare il principale limite dello Statuto che è la rigidità.
Altro principio è quello di estendere le tutele a tutti i rapporti di lavoro dipendente, comprese le collaborazioni a progetto in regime però di monocommittenza. Sacconi si è augurato che le parti sociali, in particolare i sindacati, varino insieme l’avviso comune, anche se non ha escluso un’intesa separata. Le divisioni sono emerse già ieri, con Cisl e Uil che hanno applaudito all’inizio del percorso e la Cgil che ha denunciato lo statuto come un «tentativo di far saltare il tavolo di confronto», per la crescita.
Le parti sociali ieri si sono invece espresse a una sola voce contro la Legge di Stabilita, l’ex finanziaria. Mancano, secondo Confindustria, Cgil, Cisl e Uil gli «interventi a sostegno di driver fondamentali di crescita quali la ricerca, l’innovazione e il risparmio energetico». L’iter della legge prosegue. Ieri nel maxiemendamento è emersa una stretta sulle indennità e i gettoni degli amministratori locali che portano i loro territori in rosso, a partire dai sindaci.

In tutto sono stati presentati oltre cento subemendamenti al maxiemendamento del governo. Ma molti potrebbero sparire. A partire da quelli dei finiani di Futuro e libertà, ha assicurato il viceministro all’Economia Giuseppe Vegas.

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