La stazione fa paura «Finita un’emergenza ne inizia un’altra»

La polizia ferroviaria: «Lavoro duro ma buoni i risultati». Ancora troppi gli agenti impegnati negli uffici

Un lavoro incessante, continuo, senza sosta, talvolta squallido e ripetitivo, da svolgersi tra una delle più ampie gamme di tipologie criminali in circolazione. Uno sforzo puntuale e diversificato di uomini e mezzi a seconda delle esigenze, con la precisa e costante consapevolezza di una zavorra non indifferente: un imprevisto, un fattaccio qualsiasi, anche una svista potrebbero mandare all’aria in un attimo statistiche favorevoli e periodi di relativa calma.
Il ruolo della polizia ferroviaria in stazione Centrale è quello di una sorta di Batman in una sterminata e buia Gotham City piena di insidie e sorprese; un piccolo super eroe costretto a fare gli straordinari per mantenere un ordine almeno apparente, per dare un’apparenza decorosa, ma sempre conscio che, da qualunque parte la si prenda e pur tentando di tamponarla al meglio, l’emergenza sarà sempre dalla parte opposta.
Dal 2001 a capo del compartimento polizia ferroviaria della Lombardia il dirigente superiore Angelo Serafino spiega che l’80 per cento dei compiti della Polfer alla stazione di Milano Centrale è orientato sul controllo e sulla vigilanza, con le scorte a bordo treno a tutela del viaggiatori e della circolazione ferroviaria. Il resto è attività di pattuglia. E attuando le direttive indicate già dall’ex capo della polizia Gianni De Gennaro le attività burocratiche, quelle svolte all’interno degli uffici, è stata limitata del 15 per cento per privilegiare, invece, l’attività su strada.
«Visti i risultati perseguiti il rendimento della Polfer milanese nell’attività operative è da considerarsi a livelli altissimi - conclude Serafino -. È ovvio che i fenomeni criminosi non possono né potranno mai essere azzerati. Però nell’ambito ferroviario è lecito affermare che la situazione sia sotto controllo».
Eppure spesso la stazione Centrale fa paura, sia a chi a Milano ci vive sia a chi ci deve venire. Basta guardare i messaggi che appaiono nei blog su internet. «La stazione Centrale è una grande bocca aperta sulla città e via Pisani la sua lunga lingua che le lecca piazza della Repubblica e via Turati. È pronta a mangiarsi tutti quelli che le passano a fianco o che vi sostano anche solo per un po’: pendolari, vecchi immigrati del Sud, barboni e signori. È forse l’unico posto in tutta Milano, dove nessuno può sentirsi discriminato, perché nessuno fa caso a nessuno. È il non-luogo per eccellenza», scrive un milanese che si firma «assuefatto» allo smog.
«Devo venire a Milano da Bologna in treno con la mia ragazza. - scrive Davide su M Forum -. Cosa faccio una volta che arrivo in stazione? Devo fare particolare attenzione a non essere borseggiato, a difendermi dalle rapine. E poi, una volta che decido di muovermi da lì, c’è pericolo a scendere in metropolitana? Ti possono anche accoltellare?».
Il compartimento Polfer sulla Lombardia conta ben 582 persone di cui 370 uomini sono dislocati tutti su Milano. Ma sbaglieremmo pensando che si tratti di personale con compiti esclusivamente operativi o, comunque, spalmato sulla strada: un centinaio di questi uomini e di queste donne sono impegnati all’ufficio centrale del compartimento, che ha sede proprio qui nel capoluogo lombardo e si dedicano quindi a compiti burocratici.
«La Centrale fagocita e rielabora tutto in chiave criminale: finita un’emergenza ne comincia subito un’altra» ci dicono alcuni agenti abituati a stare sulla strada.


Nessuno, però, si sbilancia sull’emergenza stupri Del resto, se la Centrale fa paura, non è certo colpa della Polfer: gli ultimi arresti di extracomunitari colpevoli di violenze o di tentate violenze li hanno fatti proprio loro.

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